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‘La Montagna nel lago’, è sempre la stessa Storia

Sangue, omicidi e inganni: il thriller di Jacopo De Michelis indaga nelle profondità dell’animo umano e nella crudeltà del passato

Paolo Gualandris

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pgualandris@laprovinciacr.it

23 Ottobre 2024 - 05:30

CREMONA - «Le situazioni estreme, come per esempio le guerre, mettono alla prova gli uomini rivelando di che pasta sono fatti davvero. A seconda delle dosi di cui sono miscelati tirano fuori il meglio o il peggio di ognuno. Se fosse vissuto in tempi di pace può darsi che Dietrich Greim (Ndr: uno dei cattivoni della storia) sarebbe stato un cittadino onesto e perbene. Quanti trovandosi nei suoi panni supererebbero l’esame a pieni voti?». E ancora: «Del resto è sempre stato così: i peggiori crimini della storia sono avvenuti non solo a causa della ferocia di chi li ha commessi, ma grazie anche all’acquiescenza dei molti che non si sono opposti». Sono riflessioni di uno dei protagonisti del thriller ‘La Montagna nel lago’ con il quale Jacopo De Michelis sta doppiando il successo de ‘La stazione’, suo romanzo d’esordio. Un magnifico e coinvolgente racconto dai mille risvolti del quale parla con Paolo Gualandris nella videointervista ‘Tre minuti un libro’ online da oggi sul sito www.laprovinciacr.it.

TRA BELLEZZA E CUPEZZA

Da un lato c’è la bellezza ridondante di Montisola, che si erge splendida al centro del lago d’Iseo, dall’altro la cupezza dell’animo umano. Natura buona contro uomo cattivo? «Il contrasto tra la luce e le atmosfere serene, idilliache dell’affascinante paesaggio e le vicende narrate è voluto ed è alla base della storia in cui racconto le tenebre, l’oscurità, dell’animo umano e anche della Storia». Tutto inizia la sera del 3 settembre 1992, sul battello che solca le placide acque del lago, Pietro Rota rivede il profilo di Montisola dopo anni di assenza. Fuggito a Milano con l’ambizione di diventare un grande giornalista, le cose non sono andate come sperava e si ritrova a collaborare con una scalcinata rivista scandalistica di cronaca nera. Il mesto rientro di «un relitto, ecco cosa sembra. Un relitto che dopo essere andato a lungo alla deriva, alla fine la marea ha rigettato al punto di partenza», si legge.

Non è dunque il trionfale ritorno a casa che aveva sognato, ma la richiesta d’aiuto del padre non gli ha lasciato scelta. Emilio Ercoli, l’uomo più ricco dell’isola, è stato torturato e ucciso, i sospetti degli inquirenti si concentrano su Nevio Rota. Tra i due, è risaputo, non correva buon sangue e diversi indizi puntano contro di lui. Pietro si mette a investigare in via informale per scagionare il padre insieme al vigile urbano Cristian Bonetti. Legatissimi fin da bambini, avevano a lungo formato insieme a Betta un terzetto indissolubile, ma i rapporti fra loro si erano guastati poco prima della sua partenza e ora Pietro è costretto a fare i conti con le conseguenze di quella rottura. Le ricerche dei due amici svelano come, dietro la maschera dell’integerrimo benefattore, Ercoli nascondesse diversi scheletri nell’armadio, e Pietro non tarda a convincersi che la chiave per risolvere l’enigma della sua morte vada individuata in uno di quegli scheletri. Il problema è capire quale. Una ricerca al limite dell’impossibile: «Come trovare il colpevole quando nessuno è innocente?».

IL PRINCIPE NERO

Mentre le maglie della giustizia si stringono inesorabilmente attorno a Nevio e le domande senza risposta si accumulano, a Pietro e Cristian non resta che continuare a scavare alla ricerca della verità, che forse giace sepolta in un’epoca tanto remota quanto oscura: i torbidi anni della Repubblica di Salò, durante i quali Junio Valerio Borghese, il ‘principe nero’ al comando della famigerata Decima Flottiglia Mas, aveva fatto di Montisola una sorta di feudo personale. È un’indagine fra le omertà del presente e i fantasmi del passato, rappresentati anche dalla misteriosa figura di Luce e dalla sua altrettanto misteriosa morte, quella che Pietro conduce e che De Michelis racconta, costruendo un thriller ricco di atmosfera, dove gli sprazzi di luce nell’idilliaco borgo di pescatori con le reti stese al sole si alternano ad affondi bui come le profondità del lago, come gli abomini della Storia, come gli abissi dell’anima.

E dove non mancano ripetuti colpi di scena che sapientemente ribaltano la situazione, fino ad arrivare alla grande sorpresa finale. «Proprio questo è l’aspetto per me più divertente. Scrivo narrativa poliziesca che è sempre incentrata su un mistero e procede fino ad arrivare all’identità del colpevole. In questo gioco con il lettore si suggerisce una pista, si seminano indizi, alcuni veri altri falsi, si rimescolano continuamente le carte. È un gioco complicato. La struttura dei romanzi gialli, almeno per come li concepisco io, deve essere chiara almeno nelle le sue linee principali già prima di iniziare a scrivere. Poi c’è un lavoro preparatorio in cui si costruisce l’architettura del romanzo che, infine, va riempita di situazioni ed emozioni».

SOGNI E FALLIMENTI

L’indagine si spinge fino a uno dei momenti più bui della storia italiana moderna, al periodo fascista, alla Decima Mas che nell’ultima fase rappresentò il volto più crudele e selvaggio del regime. Una fase cupa in cui l’animo umano è alle prese con le grandi scelte, quelle delle responsabilità individuali. «Ormai in Italia la stragrande maggioranza delle persone ha sempre vissuto in tempi di pace, periodi magari difficili come quelli degli anni di piombo e delle crisi economiche con conflitti e tensioni sociali, con la pandemia. Ma certo non ci siamo trovati in mezzo a un conflitto drammatico come la seconda guerra mondiale, soprattutto nel periodo specifico di cui vado a raccontare, cioè negli ultimi due terribili anni in cui l’Italia è stata teatro di una guerra civile in cui non solo si combattevano eserciti di potenze straniere, ma anche si sono trovati ad affrontarsi gli italiani che stavano dalla parte del nazifascismo e quelli che tentavano di riportare il Paese alla libertà e alla dignità».

LA ‘COVA’ DEI PERSONAGGI

«Sognare è un lusso che non tutti possono permettersi. La povera gente è meglio che tenga sempre i piedi per terra e gli occhi bassi», sussurra amaramente uno dei protagonisti. «Lo dice lui, non l’autore - spiega De Michelis -. Tendo a non esprimermi in prima persona quando scrivo un romanzo. Racconto situazioni, pongo in evidenza temi». Irrompe così quello della realizzazione dei sogni giovanili, del fallimento, della delusione e del rischio di vendere l’anima al diavolo pur di realizzare le proprie ambizioni. «Penso che la letteratura non debba tanto dare risposte quanto evidenziare domande alle quali i lettori possano trovare loro stessi risposte». Colpisce la perfetta caratterizzazione psicologica di tutti i personaggi, lavoro nel quale l’autore mette inesorabilmente qualcosa di sé. «È inevitabile, ma non è un processo a livello razionale. Covo i miei personaggi come una chioccia finché non sento che sono maturi. Quando mi sembra che siano pronti, li sguinzaglio tra le pagine e vedo come si comportano». E in questo romanzo tutti onorano le attese.

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