Un’autobiografia per luoghi
che attraversa quasi
un secolo di passioni,
amori, impegno politico
e intellettuale: ne La mia Parigi, i miei
ricordi Edgar Morin racconta la sua
sorprendente parabola esistenziale.
Teorico del pensiero complesso —
che ha rivoluzionato la filosofia, intrecciando
discipline differenti —,
Morin offre inoltre un inedito ritratto
della città, ora amatissima, talvolta
odiata, che lo ha visto vivere. Tutto comincia
non il giorno della nascita, avvenuta
il 21 luglio 1921, ma in un’altra
assolata mattina estiva: il 26 giugno
del ’31, Morin perde la madre.
Ma in famiglia nessuno gli dice nulla
di preciso, lo portano da una zia, parlano
di un viaggio da cui forse non si
torna. Sentendosi tradito, Morin scopre
il mondo, le strade di Parigi, il
nuovo quartiere. E insieme i libri, il cinema,
l’insofferenza alle regole prestabilite,
trasformando il dolore atroce
della perdita in un susseguirsi di
esperienze, di incontri, di relazioni.
Comincia così una straordinaria avventura
che porterà il filosofo a partecipare
alla Resistenza (e a marciare
sugli Champs-Élysées il giorno della liberazione
fianco a fianco a Marguerite
Duras, bellissima), ad andarsene
dal partito comunista, ad animare le
rivolte del ’68, a frequentare i caffè
della Rive Gauche, a elaborare un
pensiero che ha influenzato profondamente
la filosofia e la sociologia
contemporanee. E sullo sfondo c’è
una Parigi cosmopolita, intrisa di storia
e piena di contraddizioni, talvolta
matrigna. Con la dichiarata speranza,
oggi, di ’pariginizzare’ i «figli delle
immigrazioni africana e magrebina,
caraibica» per permettere loro di
incorporarsi la Francia.
Nel memoir c’è molto spazio per
l’amore, per gli amori. Un ricordo affettuoso
va a Marilù Parolini «tratti
patetici, grandi occhi stupiti, una
grande bocca dalle labbra ben disegnate,
una pettinatura austera, i capelli
buttati all’indietro». Lei è appena
arrivata da Cremona, lui ha una
moglie-sorella, compagna dai tempi
della Resistenza. Siamo nel ’57, i fatti
di Ungheria stanno lacerando le coscienze,
e Marilù ed Edgar intrecciano
una tormentata relazione. «Marilù
è stata il primo amore totale della
mia vita», ricorda oggi lui, che però all’epoca
non trovò il coraggio di lasciare
la moglie. Tante recriminazioni,
un figlio non nato, l’inevitabile addio:
un altro frammento di una vissuta
appieno.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Un’autobiografia per luoghi che attraversa quasi un secolo di passioni, amori, impegno politico e intellettuale: ne
La mia Parigi, i miei ricordi Edgar Morin racconta la suasorprendente parabola esistenziale.Teorico del pensiero complesso —che ha rivoluzionato la filosofia, intrecciando discipline differenti —, Morin offre inoltre un inedito ritratto della città, ora amatissima, talvolta odiata, che lo ha visto vivere. Tutto comincia non il giorno della nascita, avvenuta il 21 luglio 1921, ma in un’altra assolata mattina estiva: il 26 giugno del ’31, Morin perde la madre. Ma in famiglia nessuno gli dice nulla di preciso, lo portano da una zia, parlano di un viaggio da cui forse non si torna. Sentendosi tradito, Morin scopre il mondo, le strade di Parigi, il nuovo quartiere. E insieme i libri, il cinema, l’insofferenza alle regole prestabilite, trasformando il dolore atroce della perdita in un susseguirsi di esperienze, di incontri, di relazioni.Comincia così una straordinaria avventura che porterà il filosofo a partecipare alla Resistenza (e a marciare sugli Champs-Élysées il giorno della liberazione fianco a fianco a Marguerite Duras, bellissima), ad andarsene dal partito comunista, ad animare le rivolte del ’68, a frequentare i caffè della Rive Gauche, a elaborare un pensiero che ha influenzato profondamentela filosofia e la sociologia contemporanee. E sullo sfondo c’è una Parigi cosmopolita, intrisa di storia e piena di contraddizioni, talvolta matrigna. Con la dichiarata speranza, oggi, di ’pariginizzare’ i «figli delle immigrazioni africana e magrebina, caraibica» per permettere loro di incorporarsi la Francia. Nel memoir c’è molto spazio per l’amore, per gli amori. Un ricordo affettuosova a Marilù Parolini «tratti patetici, grandi occhi stupiti, una grande bocca dalle labbra ben disegnate, una pettinatura austera, i capelli buttati all’indietro». Lei è appena arrivata da Cremona, lui ha una moglie-sorella, compagna dai tempi della Resistenza. Siamo nel ’57, i fatti di Ungheria stanno lacerando le coscienze, e Marilù ed Edgar intrecciano una tormentata relazione. «Marilù è stata il primo amore totale della mia vita», ricorda oggi lui, che però all’epoca non trovò il coraggio di lasciare la moglie. Tante recriminazioni, un figlio non nato, l’inevitabile addio: un altro frammento di una vissuta appieno.
Barbara Caffi
©RIPRODUZIONE RISERVATA