L'ANALISI
18 Maggio 2025 - 05:30
Il duo italo-albanese Shkodra Elektronike, Beatriçe Gjergji e Kolë Laca, a Eurovision 2025
Ci sono parole che dovrebbero fare riflettere quei ‘campioni’ del Cristianesimo che a centinaia hanno espresso commenti sprezzanti, spesso tanto violenti e volgari da dover essere ‘bannati’, in calce all’articolo pubblicato sul nostro sito (che ha ripreso un analogo pezzo dell’edizione cartacea) intitolato ‘Lezione di Islam ai bimbi di Santa Maria. Tahiri in cattedra alla primaria: «Solo la conoscenza reciproca può favorire l’integrazione»’. E sono parole assolutamente autorevoli. Eccole. «La divisione e la contrapposizione è parte della natura umana e ci accompagna sempre, spingendoci troppo spesso a vivere in un costante ‘stato di conflitto’: in casa, al lavoro, nella società».
E per quanto ci si sforzi, «le tensioni sono sempre presenti, un po’ come la brace che cova sotto la cenere, pronta a riaccendersi in ogni momento». Ecco perché la pace è anzitutto un dono. «Un dono attivo, coinvolgente, che interessa e impegna ciascuno, indipendentemente dalla provenienza culturale e dall’appartenenza religiosa, e che esige anzitutto un lavoro su sé stessi. La pace si costruisce nel cuore e a partire dal cuore, sradicando orgoglio e rivendicazioni, e misurando il linguaggio poiché si può ferire e uccidere anche con le parole, non solo con le armi».
Con il realismo cristiano con cui anche Sant’Agostino e i Padri della Chiesa guardavano alla condizione del genere umano, papa Leone XIV lo ha riconosciuto nel discorso al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, precisando come sia «fondamentale il contributo che le religioni e il dialogo interreligioso possono svolgere per favorire contesti di pace». E ciò vale sia parlando di conflitti in armi sia nelle relazioni interpersonali.
Il Pontefice nato a Chicago, introducendo un accenno eloquente al suo percorso esistenziale ha fatto notare che «la mia stessa esperienza di vita, sviluppatasi tra Nord America, Sud America ed Europa, è rappresentativa di questa aspirazione a travalicare i confini per incontrare persone e culture diverse». Torniamo a noi. Nelle intenzioni, quella alla scuola di Santa Maria è la prima tappa di una serie di iniziative analoghe in altri plessi. Ed è stata ben diversa dalla visita dei bambini alla moschea del centro islamico di Susegana, in provincia di Treviso, durante la quale un gruppo di bambini dell’asilo — una istituzione parrocchiale, si noti bene — si sono inginocchiati sui tappeti per pregare con l’Imam, rivolti verso la Mecca. Un’iniziativa di dialogo interreligioso, «a favore della pace», era l’intenzione.
Che però ha scatenato forti polemiche bipartisan per quelle preghiere sembrate ai più una forzatura. Le maestre dell’asilo Santa Maria delle Vittorie di Ponte della Priula avevano pensato ad una iniziativa «per la pace, per pregare tutti insieme, al di là del credo religioso, per la fine delle guerre che stanno infiammando il pianeta». La visita in moschea avrebbe avuto il consenso dei genitori e sui profili social della scuola è stata definita «un’esperienza davvero emozionante»; durante la quale l’imam ha spiegato la religione musulmana e su quali cardini si basa.
Una spiegazione che c’è stata anche a Crema. Ma stavolta a ‘casa’ dei bambini, in classe, senza che nessuno pregasse rivolto alla Mecca. Semplicemente, hanno fatto molte domande ad Hamid Tahiri, responsabile del centro culturale islamico di Crema. Alcuni dei loro compagni sono musulmani e frequentano regolarmente l’ora di religione cattolica: conoscere le loro usanze, e i loro simboli, è segno di rispetto reciproco, presupposto di serena convivenza. Tahiri è stato invitato dalla scuola, dalla maestra di religione per essere più precisi, e nelle classi è stato fatto un lavoro preventivo di approfondimento che ha portato i bambini a preparare una lunga serie di domande da sottoporre al loro ospite.
Essenzialmente curiosità sui simboli e sui riti dell’Islam. Il gruppo guidato da Tahiri ha nel complesso una buona relazione sia con la Diocesi di Crema, con la quale condivide iniziative di dialogo interreligioso, sia con la comunità civile. Ha infatti organizzato azioni contro l’uso delle droghe e di pulizia del fiume ma, soprattutto, è molto attivo nell’educazione dei giovanissimi immigrati di prima e seconda generazione contro la violenza. Tahiri, che vive qui dal 1995 dopo essere cresciuto in Piemonte, dove ha frequentato la scuola don Luigi Orione, manda i suoi figli a scuola dalle suore e afferma di avere come obiettivo quello di «contribuire a una società aperta alla cultura degli altri».
Tanto che lo scorso febbraio, in occasione del convegno ‘Islam e Cristianesimo’ organizzato da Fratelli d’Italia alla presenza di Tommaso Foti, ministro per gli Affari europei, le Politiche di coesione e il Pnrr, prese la parola per testimoniare l’apprezzamento della comunità islamica cremasca offrendo la propria collaborazione per future iniziative analoghe. Nella convinzione comune che dialogo e cooperazione tra le realtà locali possano rendere Crema un esempio di integrazione e convivenza armoniosa. Dunque, per riprendere le parole di papa Prevost riportate all’inizio, prima di esprimere giudizi in libertà è bene conoscere la situazione nel suo complesso «misurando il linguaggio, poiché si può ferire e uccidere anche con le parole».
Con tutta probabilità, tutto questo non interessa ai leoni da tastiera che hanno scaricato il loro livore contro l’iniziativa della scuola di Santa Maria: al confronto preferiscono più comode parole di scontro, che essenzialmente servono ad esacerbare gli animi. A costoro vale la pena di rispondere con le parole di un più civile lettore del nostro giornale e del nostro sito: «L’ora di religione (che non è catechismo) è facoltativa come possono esserlo diversi altri insegnamenti della proposta formativa. In ogni caso è stata una lezione non di catechesi ma di semplice interculturalità, come se si guardasse un documentario su Buddha o sulla religione ebraica.
E i bambini, che non hanno pregiudizi e nemmeno convinzioni assurde, hanno aderito in maniera positiva anche perché hanno capito qualcosa di più dei loro compagni di fede musulmana. «Le guerre nascono dall’ignoranza e non dalla conoscenza». ‘Aman, miserere’ è un passaggio della canzone presentata dal duo italo-albanese Shkodra Elektronike, Beatriçe Gjergji e Kolë Laca, a Eurovision 2025. Aman è una parola araba, usata nei canti sufi, nei lamenti e nei pianti sommessi. Miserere, latino sacro, supplica cristiana, preghiera del perdono. Due religioni si incontrano in una sola invocazione universale, che supera i confini e diventa umanità. Un valore sempre meno diffuso.
Commenti all'articolo
1074roma
22 Maggio 2025 - 08:06
Dovevate fare al contrario, portare i bambini Islamici in visita ad una delle nostre chiese e mostrare la nostra cultura, senza dire messe e quant'altro solo visitare e spiegare, poi prendere i nostri bambini e fare lo stesso, visitare la Moschea e le sue bellezze e spiegarne la cultura. Poi a 3 e 5 anni entrambi gruppi cosa avrebbero capito ? Avete TOPPATO.
Exlibro48_ff
20 Maggio 2025 - 10:14
Cosa può trasmettere di positivo una religione che incita all'odio, a trattare tutti gli altri credo come abietti e meritevoli di schiavitù e morte. Come integrarsi con islamici che trattano le donne alla stregua di animali da soma, adatti solo per soddisfare voglie organiche. Ci possono essere delle eccezioni, che restano tali. Il Cristianesimo con le sue regole di amore, è destinato a soccombere
concittadino
18 Maggio 2025 - 11:12
Che motivazioni e risultati didattici può avere una lezione sull'Islam a dei bambini, quando gli stessi adulti faticano a comprendere i dettami di Allah? L'Islam non ha nulla da mostrare ed insegnare a dei bambini battezzati e forse gia' cresimati e comunicati cristianamente. Non è la differenza fra il sole e la luna, ma qualcosa di piu' profondo che a quell'eta' non e' possibile comprendere.
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