L'ANALISI
14 Maggio 2024 - 05:25
Quali sono le idee, oggi, e come funziona il pensiero? In quale direzione migra l’attenzione generale? Questo è l’arcano mistero, il gomitolo inestricabile che è diventato improvvisamente il dialogo tra di noi, di questi tempi. L’ambiente della comunicazione sembra sia un completo arruffio, una nuvola gonfia di venti che sbuffano l’uno dietro l’altro, che si annullano a vicenda e spesso, nella foga della vita contemporanea, nulla fa in tempo a cristallizzarsi, nessun seme trova terra fertile, le parole si depositano nell’aria ed evaporano. Rimane solo un gran chiasso: come botti di capodanno senza fuochi d’artificio.
Già Pasolini, nel famoso articolo contro i ‘Capelloni’, aveva notato come i giovani ribelli di matrice sessantottina — «l’anticorpo del sistema», così li battezza — si fossero trasformati esattamente nel sistema contro cui stavano combattendo. I capelloni, liberi e trasandati, che lottavano contro la massa, si erano omologati interamente, e i capelli lunghi, vestigia della libertà, erano diventati la bandiera della prigione, libera e trasandata, così faticosamente conquistata. L’anticorpo era ora l’organismo, un manifesto della contraddizione. Così un pensiero, un’idea precisa, si era calpestata i piedi da sola sconfitta dalla sua stessa eccessiva forza di ribellione.
In questo articolo cercherò di spiegare come un giovane adulto (sono nato nel 2004) percepisce il mondo d’oggi, come cerca di capire da che parte spinge la corrente, bisognoso di istruzioni per la navigazione come ciascuno a quest’età.
Immaginiamo la scena: è un giorno qualunque del 2024 e un uomo qualunque accende la sua televisione qualunque, si sintonizza su un canale qualunque, in onda va un programma qualunque, con un pacchetto qualunque di ospiti. Cosa fanno? Urlano, polemizzano, sbraitano contro parlando l’uno sopra l’altro. Chi si dichiara di destra e chi di centro e chi di sinistra. E la bussola di chi guarda frulla all’impazzata. Una sinfonia che Beethoven avrebbe chiamato ‘Ecco perché ho perso l’udito!’. Questi signori Nessuno sono intellettuali controcorrente, sono l’apice dello snobismo perbenista e, al contempo, il punto di sinergia tra lo snobismo e l’anti snobismo, sono i capelloni di Pasolini. Ma con sessant’anni di ritardo.
Come è possibile? Si sono addormentati sotto un albero negli anni Settanta e sono rinvenuti su una poltrona in onda su La7? Sono tutto e il contrario di tutto: sono la ribellione, la forza che la reprime nel sangue e persino il sangue stesso. In sintesi, non si capisce più niente: non si sa a chi fare capo, né in cosa confidare. E questo perché sono tornate a regnare le regole della giungla, o meglio, le regole sono che non ci piacciono più le regole. Come ha fatto l’anticorpo a diventare la malattia dell’organismo? Rispondiamo alla domanda, con un’altra domanda. Chi ha paura di Virginia Woolf? Intona un gruppo di universitari ubriachi in un dramma di Albee, da qui Il titolo, che è ad effetto; ma la domanda è giusta, e oggi come mai, cade a fagiuolo.
Chi ha paura degli intellettuali, dei pensatori? Bene. Al momento in cui scrivo, nessuno. Sono una razza in via di estinzione, per dirla tutta. E in linea di massima, il confine sottile che separava l’opinionista dall’intellettuale è del tutto recesso, al punto in cui chi fa più polemica la vince, chi urla più forte si scotta con il lume della ragione, e dagli scaffali delle librerie sfollano i saggi sulla storia della Russia, di Israele, le confessioni di chi ha un cugino intimo di Putin e sa anche quando accendono i termosifoni al Cremlino. L’anticorpo dalla chioma infinita sguazza nel sangue come il primo dei padroni. Questo significa che sono solo in pochi coloro che sanno quando si sta oltrepassando la linea, quando è saggio fermarsi, così che le idee, le opinioni, non si sfracellino a furia di essere sbattute da un estremo all’altro. Non si vedono più neanche frontiere in vista, perché si supera il confine del decente sacrificando la decenza sull’altare dei like su facebook.
Nel cuore di questo macello, come un funambolo ubriaco lungo una fune di spago, dovremmo porci alla ricerca di un equilibrio, giusto? Al giorno d’oggi, però, non funziona in questo modo: l’equilibrio non va affatto di moda, vanno tutti controcorrente, si dichiarano tutti contro qualcosa, sono tutti ebbri di opinioni che necessitano di esprimere come pruriti insaziabili, esprimono tutte le loro idee (spesso esagerate), tutti sanno e dicono, e tutti (grazie Google!) camminano con il sapere umano intero nella tasca dei Levi’s, carichi dell’arroganza di chi pensa di sapere, che è spesso peggiore di quella di chi sa. Tutti, insomma, sanno navigare su Internet, ma nessuno ha la più pallida idea di dove li stia portando la corrente.
Sorridono semplicemente del panorama. Un esercito di fiaccole pronte a rischiarare il buio dell’ignoranza altrui, mai la loro: Dio ce ne scampi dal far notare all’uomo contemporaneo che si può sbagliare. Hanno relegato l’errore all’infame cerchia dei Peccati Capitali. Siamo in crociera su una nave di follia. Allora vien da chiedersi: ha ancora senso lottare con la corrente, se tutti vanno controcorrente? Ha ancora senso andare a cercare l’Eldorado nell’ennesima dimostrazione di indipendenza — chi accusa il patriarcato, chi urla al Whitewashing, chi grida al razzismo, all’omofobia, al maschilismo, chi punta il dito sui valori tradizionali come aspri e asfissianti despoti —, ha ancora senso, dicevo, se siamo tutti dolorosamente indipendenti? Notate a quale livello di confusione arriviamo senza alcuna difficoltà. È d’altra parte un dato di fatto: la perdita di valori crea solitudine, ci allontana tutti, e il diverbio è ineluttabile.
Ma facciamo un passettino indietro. In questo casino, siamo ancora capaci di individuare delle fazioni? Non si capisce chi si conforma e chi no. Questo perché, come anche i miei poveri occhi di miope hanno notato, si conformano soprattutto coloro che cercano di non conformarsi, eppure lottano tutti contro qualcosa. Allo stesso tempo, e per effetto diretto di quest’antitesi, le opere d’arte perdono le forme, cercano di sviare la concretezza della materia con l’astrazione dei significati, sui muri si appiccicano le banane per fare satira dell’arte, una barzelletta di una barzelletta. Questo è nell’ordine naturale delle cose, come quando nel post Seconda Guerra Mondiale ci siamo messi di buzzo buono per creare confini, trovare forme, riconsegnare un ordine ad un mondo che di ordine non aveva neanche più la minima idea.
Oggi, nel 2024, per sfuggire a quello stesso ordine, siamo ripiombati nel buio fitto. Allora coloriamoci i capelli e allunghiamo i cortei di protesta come cordoni ombelicali nutrendo lo spirito di polemica.
Se il ventunesimo secolo avesse una tavola dei comandamenti reciterebbe: Condividi il tuo dolore, Combatti i tuoi valori, Esprimi la tua opinione. Così nessuno riesce a curare i propri mali, perché gli infonde potere giustificando la loro esistenza, nessuno trova un ramo robusto a cui rimanere aggrappato mentre la corrente se lo porta via perché i valori tradizionali sono negativi, vanno abbattuti, e tutti hanno da dire la loro, senza sapere neanche di che stanno parlando perché temono più dell’ignoranza il silenzio. Che poi, a voler prestare attenzione, in una bolgia infernale, caotica, pesano molto di più i silenzi che non le grida vuote di chi gode a sgolarsi.
Allora viene spontaneo chiedersi: come faccio io a combattere queste ondate di nonsenso, di assurdo, di isteria di massa? Dove trovo un manuale con le istruzioni, magari uno chiaro e semplice come quelli dell’Ikea? Devo forse diventare Virginia Woolf?
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