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Sangue sulla perla del Rinascimento

Chiara Montani chiude la trilogia con Lavinia Alinari e Piero della Francesca detective

Paolo Gualandris

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pgualandris@laprovinciacr.it

16 Luglio 2025 - 05:30

CREMONA - «Una corte in piena effervescenza, ma anche traboccante di intrighi, è terreno perfetto dove ambientare una storia gialla», assicura Chiara Montani, cremasca, che con ‘L’artista e il signore di Urbino’ chiude la trilogia con protagonisti Lavinia Alinari, pittrice ribelle, e il suo mentore Piero della Francesca. Si potrebbe aggiungere che il thriller è l’ambiente ideale per una piacevole immersione nella storia dell’arte. Esercizio che a Montani viene particolarmente bene, catapultando il lettore in un clima di creatività e bellezza e lasciandogli un patrimonio di sensazioni così profonde da fare venir voglia di andare a visitare i luoghi descritti e ad ammirare le opere raccontate. Siamo in pieno Rinascimento e Urbino ne era una delle capitali più vivaci.

UN'OPERA MISTERIOSA

I nostri eroi, dopo aver indagato insieme a Roma e Firenze, non potevano che approdare nella città con la quale Piero ha avuto un legame intenso, dove ha prodotto i suoi principali capolavori «e dove comunque c’era anche un’atmosfera particolare perché è in questa corte che stava creandosi la città. Mi è piaciuto restituire il sapore di questo gigantesco cantiere visto anche dalla parte degli artisti». Montani parla del suo romanzo nella videointervista online da oggi sul sito www.laprovinciacr.it.

Tutto inizia con Piero della Francesca al lavoro su una misteriosa opera che ha per protagonista un uovo di struzzo e che si intuisce sarà la pala di Brera, la pala di San Bernardino, ma che ancora non ha preso forma perché realmente è stata realizzata negli anni ’70 e qui siamo solo nel 1461. Accanto a lui Ottaviano Ubaldini, reggente di Urbino e al pari di Piero cultore di discipline arcane. Contemporaneamente sta prendendo vita una sacra rappresentazione con il medico di corte nei panni dell’angelo incaricato di dare l’annuncio della nascita di nostro Signore, appeso a un marchingegno semovente.


CHI VUOLE UCCIDERE IL SOGNO?

L’uomo accusa un terribile e fatale malore, è subito chiaro che non si tratta di una morte naturale. Tra le mani, il cadavere stringe un rotolo vergato in lettere dorate contenente un’invettiva in rima baciata contro i signori di Urbino e culminante con la promessa di rivelare tre verità molto scomode per loro. Da qui prendono le mosse tutte le vicende che hanno come voce narrante Lavinia, «il mio Watson, il tramite tra il genio e il lettore, che giunge a Urbino dietro invito della contessa Battista Sforza. Mai si sarebbe aspettata di trovarvi l’uomo che l’aveva abbandonata oltre due anni prima e che lei non era mai riuscita a dimenticare. I misteri si moltiplicano, le promesse dell’oscuro rimatore che si firma col nome di Nemesis, la dea della giustizia e della vendetta, vengono mantenute passando per altre morti e molti segreti. Ci sono poi una fantesca custode di verità inconfessabili, una stanza di cui tutti i domestici hanno terrore e un quadro celebre scomparso. «Tra i ponteggi, i corridoi e le segrete di questo palazzo in divenire si dipana una vicenda piuttosto intricata in cui Lavinia e Piero ancora una volta dovranno mettere insieme i pezzetti di verità scoperti per cercare di fermare chi nell’ombra vuole far fallire il magnifico sogno di trasformare Urbino, piccola città negli Appennini, in uno dei centri più splendidi del Rinascimento».

DUE DONNE SPECIALI

Nasce così un romanzo corale, tanto affollato che l’autrice ha dovuto mettere all’inizio l’elenco della sessantina di personaggi che lo popolano. Centrali due donne: oltre a Lavinia, la moglie del Montefeltro. «Come si sa, ho un debole non solo per le donne pittrici, ma per le donne della storia che hanno comunque lasciato un segno e che sono state dimenticate. È il caso di Battista Sforza, moglie bambina di Federico da Montefeltro. Non certo un principe azzurro, eppure il loro è stato un matrimonio felice. Si amavano, erano in perfetta intesa. Battista è un personaggio straordinario, troppo colta per essere solo una moglie, infatti aveva responsabilità di governo affidatele da Federico. Lei lo aiutava a indossare l’armatura, lo accompagnava sui campi di battaglia, dormiva negli accampamenti ma era anche la vera anima della corte. Conosceva il greco e il latino, era una mecenate, una delle anime insieme a Ottaviano Ubaldini di quella meraviglia che poi divenne il palazzo di Urbino. Papa Pio II di lei disse: ‘Non ho mai sentito una simile oratoria neppure in un uomo’, un giudizio enorme espresso da un Papa in quell’epoca».

SENTIMENTI PROIBITI

Una donna giusta e coraggiosa, come dimostrano l’episodio del viaggio da Roma a Orbino, all’ultimo stadio di gravidanza in dicembre inoltrato, un viaggio terribile per quell’epoca, e l’episodio della meretrice della quale prese le parti a discapito di giovani che avevano delle protezioni altolocate. «Ho immaginato che una donna così curiosa di tutto non si meravigliasse certo che un’altra donna volesse dipingere e quindi tra lei e Lavinia all’inizio c’è un rapporto di curiositàgrande intesa che sfocerà in amicizia».

Lavinia invece cosa rappresenta? «È un omaggio alle tante pioniere dell’arte dimenticate che reclamavano il diritto a impugnare un pennello, a esprimere loro stesse. È qualcosa che oggi pare banale, ma che all’epoca non lo era affatto al punto che poi sono state cancellate dai libri di storia dell’arte». Oltre che intellettuale, Lavinia ha una passione fisica anche per Piero e decide di aiutarlo a uscire da un intrigo che lo vede addirittura accusato di omicidio. Ancora una volta, Montani dà vita regala una storia coinvolgente, che fonde mistero e sentimenti proibiti, in un affresco minuzioso di un’epoca affascinante.

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