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Come sopravvivere in questi tempi bui

‘Le traiettorie dell’anima’: tra la scrittrice Anna Vinci e don Bruno Bignami confronto sui grandi temi della vita

Paolo Gualandris

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pgualandris@laprovinciacr.it

09 Luglio 2025 - 05:25

CREMONA - «Lo dicevo ieri al curato di Norenfontes: ‘Il bene e il male devono equilibrarsi; sennonché, il centro di gravità è collocato in basso, molto in basso. O, se preferite, si sovrappongono l’uno all’altro senza mescolarsi, come due liquidi di diversa densità’. Il curato m’ha riso in faccia».

A non ridere in faccia a questa riflessione (altro non è che l’incipit del Diario di una curato di campagna di Georges Bernanos) sono invece don Bruno Bignami, cremonese direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e del lavoro della Cei oltre che docente di Teologia morale alla Pontificia Università Gregoriana, e Anna Vinci, scrittrice e saggista biografa di Tina Anselmi e giornalista, ma soprattutto «ex credente ora cercatrice di Dio», come si definisce.

QUALI LE DOMANDE GIUSTE?

Una riflessione condotta a distanza che ha partorito ‘Le traiettorie dell’anima, il silenzio di Dio e degli Innocenti’. Scritto a quattro mani in un gioco di rimandi anche letterari, questo libro è una sorta di guida nei percorsi che ogni uomo ha fatto almeno una volta nella sua vita ponendosi domande sui grandi temi esistenziali. Bignami ne parla con Paolo Gualandris nella videointervista. Le loro riflessioni affrontano da una parte gli interrogativi sul destino ultimo degli esseri umani, dall’altra il mistero della vita che, al di là della fede, coinvolge le «traiettorie dell’anima».

Quelle di Bruno sono radicate nella teologia e nella dimensione del vissuto, quelle di Anna, scrittrice, madre e nonna, nascono da una ricerca letteraria che si confronta anche con la realtà più corrotta e violenta della nostra società. In 15 capitoli, gli autori legano il loro discorso alla concretezza dei tempi, facendosi guidare dal ritmo della narrazione, attraverso parole chiave (Noi, Sentieri, Amicizia, Grazia, Conforto, Ascolto...) che la contemporaneità ha accantonato, travolta dal consumo, dall’ansia di realizzarsi, dall’illusione della ricchezza esibita. Questioni e analisi e che discendono dalla regina delle domande: dove è Dio in quello che sta succedendo nel mondo, ieri come oggi, non solo nei campi di sterminio, ma anche nelle tragedie come quella di Gaza?

«Sappiamo che sta dalla parte degli ultimi, di chi è schiacciato - risponde don Bruno -. E non è un caso che la riflessione della Chiesa dal Concilio in poi mette al centro le vittime. Quando si riflette di guerra non bisogna guardare solo le ragioni dei due contendenti, ma quelle degli ultimi, di chi finisce per essere sempre il vero sconfitto. Penso ai profughi, ai bambini, agli anziani, alle persone che si vedono distrutti i sacrifici di una vita. Quindi, ecco, Dio sta da questa parte e penso che questo sia già origine di speranza per ognuno di noi. Non troverete mai Dio nelle ragioni dei forti, di chi pretende di far passare la propria visione, il proprio potere come qualcosa di assoluto per schiacciare le persone più innocenti e gli inermi».

Il confronto con Vinci cosa ha lasciato al sacerdote? «È stata una sfida. Anna è una donna che ha messo le mani e la testa nei mali del nostro Paese. Ci siamo conosciuti grazie alla sua biografia di Tina Anselmi, mi ha proposto di iniziare a scrivere qualcosa in maniera molto libera, lo abbiamo fatto semplicemente confrontandoci con uno stile di apertura, cioè non con la volontà di portare lei dalla mia parte o lei di cambiare prospettiva rispetto a un prete come me. Ne è uscito un testo molto libero e curioso. Quando le persone dialogano in libertà da zero vince sempre l’intelligenza umana».

NIENTE RISPOSTINE FACILI

Una quindicina di temi, quale il più difficile da interpretare? «È stato quando Anna, ha posto la questione della sua infanzia, della perdita del fratello e quindi anche di passaggi molto delicati della vita, perché il rischio per noi credenti a volte è di dare rispostine preconfezionate e non di far emergere la sofferenza che le esistenze hanno alle spalle e che poi riemergono come interrogativi, dubbi, mai risolti. Quello è stato il capitolo più difficile, ma anche alla fine quello più interessante perché ci permette di andare a toccare la vera profondità dell’umano e allora lì o c’è il meglio di noi oppure semplicemente sbagliamo campo e tiro».

Ragionando in anni come questi avete trovato un comune motivo di conforto? «Mi pare che la speranza sia nella capacità delle persone che si spendono per gli altri, che nonostante tutto si danno da fare perché il mondo sia migliore. Mi piace pensare che l’umanità è così ricca da avere molte persone che spingono in questa direzione, nonostante non facciano notizia, perché lo sappiamo: il bene silenzioso non è oggetto di cronaca dei giornali».

I PECCATI DELLA CHIESA

Vengono affrontati anche argomenti ostici come i peccati della Chiesa. «Il tema è molto delicato, ma va preso sul serio. Certe oscenità, penso agli abusi sui minori, sono assolutamente controtestimonianze rispetto a Dio, non solo rispetto alla Chiesa. La Chiesa non può che fare pulizia e cercare davvero di mettere a tema la questione della formazione, dell’accompagnamento e anche di cosa fare in casi come questi, cioè stare sempre dalla parte delle vittime».

Il libro contiene una serie di riflessioni su solitudine, paura, azione, debito, donne, dialogo che generano pause di riflessione. I temi non sono stati costruiti a tavolino, ma si sono costruiti a partire dal dibattito. Alla fine ognuno di noi ha spostato l’accento rispetto a qualcosa che aveva a cuore». E con la stessa libertà possono essere presi dal lettore.

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