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La sfida dell’amore

È follia, armonia, famiglia, poesia, un’ombra che avvolge e uno slancio che illumina. Diventa irresistibile perché ogni storia, ogni incontro e ogni figlio è il frutto perfetto degli incastri tra chimica e destino, necessità biologica e desiderio di trascendenza

La Provincia Redazione

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04 Marzo 2025 - 05:15

La sfida dell’amore

Il dottor Iannis non ha dubbi: «Quando ci si innamora, è una follia temporanea. Esplode come un terremoto e poi si placa. E quando si placa, bisogna prendere una decisione. Bisogna capire se le radici di due persone sono così intrecciate che è inconcepibile separarle. Perché questo è l’amore. L’amore non è il fiato sospeso, non è l’eccitazione, non è il desiderio di accoppiarsi ogni secondo della giornata. Non è restare svegli tutta la notte immaginando che lui stia baciando ogni parte del tuo corpo. Questo è solo innamorarsi. L’amore stesso è ciò che rimane quando l’innamoramento si è consumato. Non sembra molto eccitante, vero? Ma lo è». È la descrizione dell’amore ne ‘Il mandolino del capitano Corelli’: non solo passione, ma una scelta, un intreccio profondo di due esistenze. L’amore non è soltanto emozione, ma anche costruzione, un ponte invisibile tra il desiderio e la dedizione, tra la biologia e la poesia. È il sentimento più potente e complesso, quello che ha ispirato poeti e scienziati, musicisti e filosofi. E che continua a governare il destino degli uomini. Ma che cos’è, davvero, l’amore? Se chiedessimo a cento persone, riceveremmo cento risposte diverse. L’amore è follia, armonia, famiglia, poesia, un’ombra che avvolge e uno slancio che illumina. È tutto questo e molto altro ancora. Non esiste una definizione unica. Come scriveva Wisława Szymborska: «Nulla due volte accade né accadrà. Per tal ragione nasciamo senza esperienza e moriamo senza assuefazione».

Questa riflessione ci invita a considerare l’amore come un’esperienza unica e irripetibile, che sfugge a definizioni universali e si manifesta in forme sempre nuove.

L’AMORE FORZA NATURALE: IL LEGAME TRA BIOLOGIA ED EMOZIONE

L’amore non è solo un’emozione, ma una delle più straordinarie forze della natura. Fin dagli albori dell’umanità, ha avuto un ruolo essenziale nella nostra sopravvivenza. Se la riproduzione sessuale è comparsa oltre un miliardo di anni fa per garantire la diversità genetica e la continuità della specie, nell’uomo essa si è trasformata in qualcosa di più profondo. L’attrazione tra due individui non è solo un istinto biologico, ma il risultato di un intricato meccanismo evolutivo che spinge alla connessione, alla protezione reciproca, alla costruzione di un futuro insieme. Richard Dawkins lo ha espresso con lucidità: «Dobbiamo morire, e questo ci rende fortunati. La maggior parte delle persone non morirà mai perché non nascerà mai. Di fronte a queste probabilità stupefacenti, siamo noi, nella nostra ordinarietà, a essere qui». Ogni storia d’amore, ogni incontro, ogni figlio nato è il frutto di una serie di incastri perfetti tra chimica e destino, tra necessità biologica e desiderio di trascendenza. E proprio per questo l’amore è così irresistibile. Non è solo un impulso a perpetuare la specie, ma una ricerca di qualcosa che ci dia un senso.

IL CERCELLO INNAMORATO: ECCO PERCHÉ È UNA TEMPESTA CHIMICA

Se l’amore è il motore della nostra vita, il cervello è il suo centro di comando. Ogni emozione, ogni brivido, ogni battito accelerato davanti alla persona amata nasce da una danza invisibile di neurotrasmettitori e ormoni. Nella fase dell’innamoramento, il cervello viene invaso da un turbine chimico che accende la passione e annulla la razionalità. La dopamina, il neurotrasmettitore della ricompensa, ci travolge con una sensazione di euforia simile a quella provocata dalle droghe. Il cuore batte più forte, il respiro si fa affannoso, la mente si riempie dell’immagine dell’altro, come se tutto il resto svanisse. Il cortisolo, l’ormone dello stress, aumenta vertiginosamente, rendendoci ansiosi, impazienti, incapaci di pensare ad altro. Ma l’amore non è solo un’esplosione di passione. Presto entra in gioco qualcosa di più profondo: il legame. L’ossitocina, spesso chiamata ‘ormone dell’amore’, e la vasopressina agiscono sul nostro cervello per trasformare il desiderio in attaccamento. Sono queste sostanze che ci spingono a rimanere vicini, a cercare il calore dell’altro, a desiderare protezione e stabilità. L’amore evolve da un impulso travolgente a una complicità più intima, che non si consuma con il tempo, ma cresce e si rafforza. Quando il sentimento diventa maturo, il cervello cambia ancora. L’amigdala, che inizialmente si inibisce per abbattere le paure e permetterci di lasciarci andare, riprende la sua attività, mentre la corteccia prefrontale torna a funzionare normalmente. L’illusione dell’innamoramento si dissolve, ma resta la parte più autentica dell’amore: la volontà di condividere la propria vita con un altro essere umano, accettandolo nella sua interezza, con tutte le imperfezioni e le fragilità.

LA SCIENZA DELL'AMORE: FMRI, PET E IL SEGRETO DELLA CONNESSIONE

Grazie alle moderne tecnologie come la risonanza magnetica funzionale (fMRI) e la tomografia a emissione di positroni (PET), oggi possiamo osservare il cervello innamorato. Le immagini mostrano che quando pensiamo alla persona amata si accendono le stesse aree cerebrali coinvolte nelle dipendenze. Il nucleo accumbens e l’area tegmentale ventrale lavorano incessantemente, rilasciando dopamina in quantità elevate. L’ipotalamo regola il desiderio sessuale, mentre la corteccia cingolata anteriore gestisce le emozioni e la capacità di superare i conflitti. Ma l’amore non è solo un premio, è anche una sfida. Quando finisce, il cervello subisce un vero e proprio trauma. La brusca diminuzione della dopamina scatena una crisi di astinenza simile a quella delle droghe. Il dolore della separazione è reale, biologicamente misurabile, e può lasciare ferite profonde. Eppure, nonostante tutto, l’amore resta il motore più potente dell’umanità. Emily Dickinson lo ha riassunto con poche, perfette parole: «Che l’amore sia tutto ciò che esiste, è tutto ciò che sappiamo dell’amore». E Shakespeare, con la sua inconfondibile sensibilità poetica, lo descriveva come un fumo sollevato dai sospiri, un fuoco che scintilla negli occhi degli amanti, un mare nutrito dalle lacrime di chi ama. Forse, in fondo, questo è il suo vero mistero.
Possiamo misurare l’attività cerebrale, osservare il rilascio di neurotrasmettitori, tracciare l’evoluzione del sentimento, ma non potremo mai calcolare la profondità di un bacio, la sicurezza di uno sguardo, la promessa silenziosa di un amore che resiste al tempo.
Perché l’amore, in ultima istanza, è ciò che dà senso alla vita, ed è proprio la sua inafferrabilità a renderlo così straordinario.

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