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‘Logout’, ci vuole coraggio per vivere a Sbafo

Romanzo d’avventura distopico di Cuppini, in un mondo tutto virtuale. Il 12enne Luca eroe per caso, scopre che oltre la tecnologia c’è di più

Paolo Gualandris

Email:

pgualandris@laprovinciacr.it

01 Maggio 2024 - 09:00

CREMONA - Quello di Sbafo, capitale della Malsazia, è un mondo che sta stretto a Luca, 12enne obbediente fuori, un po’ insofferente dentro. E come potrebbe essere diversamente? Uscire di casa è vietato dal governo se non per andare a riverire il gran capo Giaffo Zuccabezzo, i pochi che lo fanno considerati terroristi e perseguitati; le lezioni di scuola sono online e gli amici puoi abbracciarli fisicamente solo una volta all’anno; le gite sono virtuali, si entra in una macchina che resta chiusa in garage e un video proietta la strada sui vetri; dalle finestre di casa solo panorami filmati; si vive nella propria stanza e ci si incontra con mamma e papà solo per andare a tavola, dove peraltro si mangia cibo sintetico; la vita quotidiana è guidata da Linda, tata virtuale tuttofare e protettiva, ma soprattutto occhio elettronico del potere costituito; ogni desiderio viene esaudito in pochi istanti da consegne robotizzate delle ditta TuttoPer, ovviamente di proprietà del Zuccabezzo.

Luca non è un ribelle, vorrebbe solo recuperare il pallone da basket regalatogli in punto di morte da nonno Taddeo, l’unico che aveva avuto il coraggio di sfidare il sistema portando il nipote in giro per davvero con la sua vecchia auto e giocando fisicamente con lui. È lì a due passi, in giardino da tempo, ma non può recuperarlo perché uscendo sarebbe aggredito dai virus, come assicura il regime. Il babbo gli dice sempre che lo prenderanno domani, ma domani non arriva mai. Finché non accadono cose che potrebbero ribaltare la situazione. Arriva, nascosto nell’imballo di una SuperSorpresa, un messaggio in codice scritto a mano. Qualcuno lo cerca, lo sta chiamando, ma per rispondere all’appello Luca dovrà scollegarsi da tutto e uscire nel mondo. Quello vero. Stanti queste premesse, non poteva che intitolarsi ‘Logout’ il romanzo di Carlo Cuppini che narra di una società distopica forse meno lontana da noi di quanto si pensi. Un romanzo di avventura capace di appassionare il lettore, catturarlo e farlo riflettere. Ne parla nella videointervista ‘Tre minuti un libro’.

La Malsazia è uno stato ricco, nato dalla divisione della penisola di Birbania: di qui tecnologia e benessere, di là la Poverania, che come dice il nome stesso, è la terra dei paria. «Avevo bisogno di inventare un luogo dell’immaginazione dove potessero accadere cose singolari, un Paese con leggi e consuetudini bizzarre. Una terra per certi versi nemmeno troppo dissimile da una penisola che conosciamo bene. Non è una caricatura dell’Italia, ma un concentrato parossistico di alcune caratteristiche del mondo in cui viviamo, quello post colonialista della globalizzazione, dove c’è un primo mondo che sta bene e per meriti propri ma anche grazie al contributo che estorce agli altri: rapacità, deprivazione e ricatto economico».

Siamo nella dimensione del simbolico, quasi del favolistico, però, ne è certo Cuppini, «il tema di un benessere fittizio basato sullo sfruttamento va posto anche ai ragazzini. Non in modo moralistico, ma perché i ‘viaggi’ degli oggetti che utilizziamo comunemente sono interessanti, comportano catene di cause e conseguenze che spesso ignoriamo». Luca non è un eroe, ma si trova a compiere un’impresa effettivamente ardita suo malgrado, accompagnato da persone che incontra là fuori, gente che ha scelto di non omologarsi. È sufficiente un piccolo imprevisto a incrinare la superficie scintillante dell’apparente perfezione in cui è immerso per far esplodere tutti gli equilibri e sarà costretto a prendere una strada molto problematica e assai pericolosa, che manda in tilt la sua identità, ancora legata alla dimensione del bambino.

Confidando sulla complicità dell’amica del cuore, di alcuni suoi compagni di classe e alla fine, perfino, di Linda. Un 2001 Odissea nello spazio all’incontrario. «Non sono critico verso il progresso, credo però che contenga dei rischi di cui tutti noi dobbiamo farci carico. Il coraggio consiste essenzialmente nell’aprire una porta, uscire finalmente all’aria aperta e scoprire che al di là della tecnologia del mondo virtuale, esiste una realtà fisica, tutta da scoprire. Narro del recupero del rapporto con la natura, della fisicità che molto spesso viene oggi sostituita dall’esperienza mediata da strumenti digitali. Ci sono alcune esperienze che vanno esperite sulla propria pelle, come succede a Luca. In molti casi anche con dei risultati scottanti o sconvolgenti».


In Malsazia c’è comunque stata una sacca di resistenza umana. «Penso che ci sia sempre una una quota di pensiero libero, di riflessione autonoma. Mi sembra però che anche ai giorni nostri ci siano delle delle forze che tendono a delegittimare chi non si adegua. Nonno Taddeo prima di essere un ribelle è stato uno spirito indipendente, il potere politico, con la solidarietà del conformismo delle persone comuni, lo ha messo all’angolo perché lui semplicemente faceva il suo dovere. Qui siamo su un piano fantastico e anche simbolico, però credo fermamente nella forza del ragionare con la propria testa ed è qualcosa che i ragazzi hanno intimamente, per costruirsi la loro idea. Anche Luca verso la fine del libro dice elaborando quanto accaduto anche grazie a lui con i suoi compagni ‘abbiamo preso a vederci perché avevamo abbiamo bisogno di farci le nostre idee su quello che è successo’». Poi c’è il lato avventuroso in questo libro, dove succedono un sacco di cose nel corso del viaggio. «Intanto li porta fuori casa, che è una dimensione vista con paura, sospetto anche terrore dalla dagli abitanti della Malsazia perché hanno perso ogni familiarità con il mondo fisico. E già questa è una scoperta: la città, i suoi viali, la campagna, la natura con la sua bellezza ma anche la sua brutalità».

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