L'ANALISI
18 Ottobre 2023 - 05:25
CREMONA - «C’è nel bosco un casetta...», comincia così una delle più classiche filastrocche musicali per bambini, ma al posto dello scoiattolo, alla finestra ci ha messo un coloratissimo zoo Fulvio Ervas, autore di ‘Le mucche di Chernobyl’ - che per una volta ha lasciato in freezer l’ispettore Stucky (presto lo vedremo in televisione con una fiction Rai) ed è tornato su un uno dei suoi campi di raccolta migliori, quello di racconti per bambini e ragazzi. Un luogo metaforico, il campo di raccolta, scelto nient’affatto a caso, dal momento che lo scrittore trevisano ex insegnante di Scienze naturali nei licei della sua terra, si fa affollare la testa di storie mentre dà seguito alla sua passione preferita: il lavoro nell’orto.
Le sue sono storie folli, ironiche, divertenti e lasciano sempre in testa al lettore molto su cui riflettere. E dunque in quella casa abitano mucche con le scarpe, galline con i denti, scarafaggi filosofici, un maiale grande chef, un cervo volante, formiche irradianti... Non a caso la chiamano la Casa degli Strani, animali scappati dalle loro fattorie la notte del grande vento radioattivo che ora vivono insieme in armonia. Un giorno, silenzioso e affamato, bussa alla loro porta un ragazzino, il cui arrivo rischia di spezzare l’equilibrio della compagnia, perché sulle sue tracce ci sono uomini malvagi. Ervas ne parla con Paolo Gualandris nella videointervista ‘Tre minuti un libro’.
Siamo una foresta ucraina, ovviamente nei pressi di Chernobyl e in quella casa, come spiega lo scrittore, «si ritrovano animali di diverso livello evolutivo con una caratteristica in comune: hanno subito modificazioni importanti dalle radiazioni, in qualche modo sono un pochino mostruosi, o meglio: più strani che mostruosi. I cambiamenti del loro corpo modificano loro la vita e soprattutto li pongono di fronte alla necessità di dover vivere in maniera diversa assieme ad altri mutati. Insomma è una sorta di enorme zoo di organismi strani che arrivano in una casa in cui c’erano gli uomini e cominciano a convivere. E convivere in pace non è semplice, come purtroppo stiamo costatando anche in questi giorni di guerre nel mondo. Parlano e interagiscono grazie a un linguaggio universale. E anche questo vuole essere un messaggio.
«Sì, nel senso che usano l’animalese, una sorta di linguaggio universale inventato per l’occasione grazie al quale tutti gli organismo viventi possono capirsi. Dovrebbe essere così anche per noi umani quando le motivazioni di fondo sono in qualche modo buone e corrette; chiaro che se sei furbetto e vuoi fregare gli altri non c’è linguaggio che tenga. La lezione che vorrei fare passare è che la comunicazione finalizzata a stare insieme è una medicina e un investimento redditivo molto più di titoli in banca».
A mettere un po’ sottosopra questo microcosmo arriva un umano molto piccolo e dotato a sua volta di un potere particolare. Un bambino che viene da un orfanatrofio. «È il mio ricordo-omaggio ai bambini orfani dell’Est che subiscono la guerra. Si chiama Artem, a lui le radiazioni hanno dato il dono di prevedere i numeri, cifre di ogni tipo che vede apparire sulle finestre e sui muri. Tra le informazioni che riesce ad anticipare, e per questo sarà sfruttato da uomini avidi, ci sono quelle su lotterie, carte da gioco e Lotto. Potenzialmente può far arricchire chi lo ‘possiede’.
Artem riesce a scappare e nella sua fuga arriva dagli animali. «Non è un caso: i buoni arrivano spesso dai buoni». Inizialmente li spaventa, pensavano di essere finalmente riusciti a liberarsi dal giogo degli uomini. Però con questo bambino comunicano, si relazionano e cresce un’amicizia. «L’idea di fondo è che la vita è una rete, come hanno spiegato grandi fisici molto prima di me. Un insieme di relazioni non solo con noi umani, ma con gli alberi, coi muschi, coi funghi, coi cervi e con gli orsi a cui spariamo appena si girano, coi lupi che per noi possono esistere solo nelle favole. Un mondo con il quale entrare in relazione e dal quale possiamo imparare molto. Dico sempre, e non è una battuta, che se facessimo gestire l’ufficio tecnico di Treviso alle formiche avremmo zero caos, che Roma governata col loro senso di ordine vedrebbe risolti molti suoi problemi». L’immancabile grande battaglia finale tra buoni e cattivi è un impareggiabile ed emozionante affresco godibile non solo dai lettori giovanissimi, ma anche dai più grandi.
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