L'ANALISI
02 Novembre 2025 - 05:10
CREMA - Si muovono silenziosi, tra la nebbia dei campi e i pioppeti lungo il Serio. I lupi sono tornati dopo decenni d’assenza nelle campagne cremasche. Negli ultimi giorni sono stati segnalati fra Sergnano a Casale Vidolasco, comuni confinanti, dove diversi cittadini hanno notato impronte sospette o sagome sfuggenti. Non un caso isolato, ma il segno di un fenomeno più ampio.


«Nessun allarmismo» è l’invito che arriva dalla comandante della polizia provinciale Chiara Fusari, che coordina il monitoraggio faunistico per la Provincia di Cremona. Alle sue spalle c’è un lavoro strutturato, condiviso con Regione Lombardia ed Ersaf, per comprendere e gestire il ritorno del grande predatore in pianura. «La zona è ampiamente monitorata – spiega – e stiamo avviando una nuova fase di osservazione: installeremo fototrappole anche in porzioni di territorio finora non coperte».
Grazie ai fondi regionali, la Provincia ha acquistato trenta dispositivi, ma l’obiettivo è superare presto questa soglia. Il vicecomandante Paolo Trentarossi, responsabile del nucleo ambientale ittico-venatorio, seguirà da vicino le nuove installazioni, che interesseranno le aree golenali e i corridoi fluviali, dove più probabile è l’avvistamento. Le segnalazioni dal Cremasco restano tuttavia minoritarie rispetto al resto della provincia. «La maggior parte proviene dall’Alto Cremonese, verso il Casalasco», precisa Fusari.


E se la presenza del lupo suscita preoccupazioni nel mondo agricolo, i numeri invitano alla misura: nel 2025, in tutta la provincia, sono state accertate soltanto due predazioni sul bestiame nelle stalle. «Non è una minaccia diffusa, ma un fenomeno che richiede attenzione e prevenzione», sottolinea la comandante, ricordando che la Regione ha attivato bandi per recinzioni elettrificate e cani da da guardiania.
Nel Cremasco, gli avvistamenti si concentrano lungo il Serio, un habitat ideale: boschi ripariali, acque tranquille, corridoi ecologici che connettono la pianura con le colline bergamasche. Il ritorno del predatore, spiega Fusari, «è il segno di un ambiente in salute, ma anche una sfida di convivenza». Gli esperti ricordano che il lupo non rappresenta un pericolo per l’uomo: la sua natura schiva lo tiene solitamente lontano dai centri abitati. Nel territorio non esistono casi di aggressione all’uomo. Tuttavia, alcune semplici regole aiutano a prevenire situazioni rischiose: non lasciare cibo o rifiuti organici nei campi, tenere i cani al guinzaglio e, in caso di incontro, non avvicinarsi né tentare di fotografare da vicino l’animale. È sufficiente segnalarne la presenza alle autorità competenti, come la polizia provinciale o i carabinieri forestali.
Dietro l’apparente mistero del ritorno del lupo, c’è una logica naturale. Negli ultimi anni la specie ha riconquistato l’arco alpino e parte della pianura padana, seguendo i fiumi e approfittando della crescita della fauna selvatica – cinghiali e caprioli in primis, oltre alle nutrie nelle zone di pianura – che ne costituisce la base alimentare. Non è un’invasione, ma un processo di ritorno naturale, che testimonia come la pianura sia un ecosistema vivo, in continua trasformazione.
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