L'ANALISI
Curato da Bondioni e Regis
20 Dicembre 2014 - 12:17
Francesco Balbi, 1887 : Bambini di prime classi elementari; tra loro alcuni allievi dell’Orfanotrofio, riconoscibili per le casacche con due file di bottoni
I cambiamenti urbanistici non sempre felici di una città che tra Otto e Novecento abbracciò la modernità, i volti dei lavoratori e quelli dei signori, il sorriso triste della ‘povera Cesira’, vittima di un compagno violento prima che la parola femminicidio fosse cronaca quotidiana: Aurelio Betri e gli altri. Cremona letta dai fotografi fra Otto e Novecento racconta per immagini la storia della città tra il 1868 — anno in cui Betri realizza la sua prima serie di fotografie a monumenti e luoghi di interesse — e il 1912, limite temporale che si sono dati i curatori Elisabetta Bondioni e Giuliano Regis. Il volume è la seconda edizione, arricchita di materiale inedito, di una precedente pubblicazione ed è stato presentato venerdì 19 dicembre in sala Puerari da Bondioni e Regis, oltre che da Raffaella Barbierato, presidente dell’Adafa, da Vittoriano Zanolli, direttore de «La Provincia», da Antonio Leoni, giornalista e fotografo, e da Giuseppe Tuminello, sociologo. Edito dalla Libreria del Convegno, il libro (pagine 148) è in vendita a 30 euro.
Tanti e tali gli spunti di riflessione da rendere la chiacchieratatalvolta disorganica, ma soprattutto da stuzzicare il desiderio di approfondimenti ulteriori. Perché la fotografia è un mezzo tecnico espressivo e creativo che consente di afferrare l’attimo e a distanza di tempo permette il confronto tra passato e presente. Vale anche sotto il profilo tecnico: con mezzi inizialmente modesti anche per i suoi tempi, Betri è per esempio riuscito a raggiungere vette per lo più inarrivabili anche oggi, epoca in cui grazie (o per colpa) del digitale lo ‘scatto selvaggio’ è contagioso. E non è mai asettica, perché anche se più rispondente al vero rispetto a un’immagine dipinta, una fotografia dipende sempre e comunque dal fotografo.
«Dedichiamo il libro ad Antonio Bergonzi — ha sottolineato Regis —, per l’amore che aveva per Cremona e per l’impegno civico che ha profuso per la città. Il suo libro Cremona com’era realizzato con Massimo Terzi con le cartoline d’epoca è stato un segno anche dell’interesse per l’iconografia di Cremona che Bergonzi aveva». Bondioni ha illustrato i principali cambiamenti urbanistici della città che in pochi decenni vide l’abbattimento della chiesa e del convento di San Domenico e la creazione dei giardini pubblici; l’eliminazione delle porte cittadine; l’avvicinarsi al Po con la costruzione di abitazioni lungo il viale; la ‘liberazione’ della cattedrale da case e botteghe che le erano state costruite a ridosso. E i fotografi — Betri, ma anche Bertani, Novaresi, Boni, Zanicotti e un amatore quale Giovanni Casella — erano lì a documentare, a mostrare il prima e il dopo. «Rispetto ai fratelli Alinari — ha commentato Leoni — Betri è meno documentaristico, nelle sue immagini ci sono quasi sempre figure umane. Tecnicamente,il suo rigore è perfetto e il suo punto prospettico non è mai banale». «Guardando queste immagini — ha sottolineato Tuminello — dovremmo riflettere sul novismo oggi imperante e dovremmo imparare a recuperare le nostre radici in senso costruttivo e creativo. Anche i bambini hanno bisogno di sapere chi c’era e com’erano le cose prima di loro».
Barbara Caffi
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