L'ANALISI
20 Febbraio 2013 - 16:06
Ecco le recensioni degli studenti relative allo spettacolo Un tram che si chiama desiderio, di Tennessee Williams. Si tratta della quarta pièce nella quale i ragazzi si mettono alla prova come critici teatrali nell’ambito dell’iniziativa Diritto di critica.
TANCREDI FUMAGALLI — Se avete anche solo una vaga idea di ciò che significhi la parola ‘teatro’ forse è il caso che mettiate da parte le vostre conoscenze per capire. Qualcosa di veramente nuovo è andato in scena al teatro Amilcare Ponchielli. Si tratta della versione, tradotta da Masolino D’Amico e diretta da Antonio Latella, del celebre dramma di Tennessee Williams: Un tram che si chiama desiderio. Già dal principio la rappresentazione ha voluto stupire con l’ingresso sul palco, con le luci del teatro ancora accese, di uno dei personaggi il quale, frammentariamente, comincia ad inserirci nella vicenda. Questo inizio non-inizio è, insieme ad alcuni spunti sonori, uno degli elementi disturbanti caratteristici di questa pièce che riesce a stordire e confondere lo spettatore avvicinandolo così alla confusa Blanche, protagonista della storia. Tutto ha inizio proprio con l’arrivo di Blanche a New Orleans la quale, dopo aver definitivamente perso la proprietà di famiglia, ha deciso di trasferirsi a casa della sorella Stella. Con Stella vive anche il marito Stanley Kowalski un uomo duro e rude di origine polacca che a fatica sopporterà la presenza della cognata. Questo lo porterà ad indagare sul passato di lei per capire soprattutto che fine abbia davvero fatto la proprietà di famiglia. Nell’intreccio viene coinvolto anche Mitch, amico di Stanley, che arriverà quasi a sposare Blanche prima di scoprirne il torbido passato. Questa ultima, personaggio controverso e contraddittorio nonché eterna vittima degli eventi, è ottimamente interpretata da Laura Marinoni: meritata vincitrice, per questo ruolo, del premio ‘Le maschere del teatro’ come miglior attrice protagonista. Stanley, ruolo reso immortale da Marlon Brando nell’omonimo film del 1951, è invece personificato da un Vinicio Marchinoni in ottima forma il quale, dopo varie apparizioni cinematografiche, mostra le sue abilità a teatro. Lo svolgimento singolare dell’opera con gli attori quasi sempre in scena ed una scenografia composta da luci stroboscopiche e amplificatori camuffati da mobili valgono, insieme a tutto il resto, i dieci minuti di applauso finale da parte del pubblico in sala. Ieri sera è stato mostrato un nuovo modo di raccontare storie attraverso il teatro, i presenti non possono fare altro che prendere nota e ringraziare.
PAOLA BOSINI - Battesimo di sangue ieri sera (mercoledì 30 gennaio) al Ponchielli per il pubblico cremonese, stupito e ammaliato dalla visione, tutt’altro che classica, di Antonio Latella della pièce Un tram che si chiama desiderio di Tennessee Williams, che non si aspettava di certo un’esibizione simile. Una vera e propria esplosione di luci, suoni, colori ed emozioni per lo spettatore che è stato catapultato senza esitazione nella vita di Blanche DuBois (Laura Marinoni), donna segnata in gioventù da un forte trauma e scivolata conseguentemente nelle braccia dell’alcool e della ninfomania, costretta a lasciare la città natale per relegarvi paure, vergogna e debiti, raggiunge la sorella, Stella (Elisabetta Valgoi) che vive con il marito Stanley (Vinicio Marchioni) a New Orleans. La sua presenza origina però fin dal suo arrivo alcuni cambiamenti nell’esistenza della coppia, lontana dallo stile di vita sofisticato e snob a cui Blanche è abituata, accolti non troppo benignamente soprattutto da Stanley. Il fragile equilibrio psichico della protagonista subisce così infine il colpo di grazia, la violenza del cognato ed l’inabissarsi della prospettiva di matrimonio con Mitch (Giuseppe Lanino), un amico della coppia, che la conduce alla follia. Riflettori, amplificatori, mobili soltanto tratteggiati, un letto sprovvisto di materasso, una vasca da bagno, una sedia da ufficio, un paralume rosso, un tavolo, due sedie in betulla, oggetti di scena essenziali, semplici, compensati dall’abilità degli attori di muoversi fra di essi, di ricreare le emozioni più forti, amore, odio, rabbia, dolore con straordinaria maestria, sufficienti a soddisfare lo spettatore, il cui occhio non ha preteso altro. Lo spettatore non assisteva passivamente, applaudendo quando necessario, su una poltroncina rossa distante dal palco, era lì, in scena, insieme agli attori, insieme a Blanche, Stella e Stanley, non si poteva sottrarre alle vicende, agli eventi, direttamente coinvolto e partecipe, era hic et nunc, gioiva con loro, piangeva con loro, amava con loro.
MATILDE PASSAMONTI - Le luci di sala accese, gli spettatori ancora intenti a cercare il proprio posto; qualcuno poi improvvisamente si accorge che sul palco è comparso tutto ad un tratto un personaggio che dignitosamente in silenzio reclama attenzione. Ci si siede. Che si siano dimenticati di spegnere le luci? Lo spettacolo si presenta così subito nella sua eccezionale eccezionalità: da quel momento vanno in scena sul palco del Ponchielli 2 ore e 50 minuti di capolavoro moderno, di genialità teatrale, davvero rappresentativo di un teatro nuovo, che abbandona qualsiasi estetismo narrativo e ogni scopo di solo intrattenimento ed esplode, scoppia, sul palco come in platea. ‘Un tram che si chiama desiderio’ non è narrazione ma azione, è suono assordante, è luce fastidiosa, è silenzio angosciante, è buio improvviso. ‘Un tram che si chiama desiderio’ è la mente di Blanche (Laura Marinoni), donna fragile, vittima della brutalità animale altrui che la urta e la travolge. Tutto perciò nell’allestimento, dal suono alla luce, dal movimento alla sola presenza rende complessivamente davvero la confusione e la friabilità dell’animo di Blanche. Meravigliosi gli attori, sottoposti a una prova fisica e vocale notevole, eccellente la regia di Antonio Latella che riesce a estendere la drammaturgia agli ambiti ‘tecnici’ del suono e delle luci. Funzionale anche la scenografia, scheletri di mobilio che a tutto servono tranne che al comune utilizzo, meccanismi tecnici completamente scoperti e visibili, addirittura azionati nel corso della performance dagli attori stessi: l’anima di Blanche si spoglia davanti al pubblico rimanendo e indifesa e nuda. Un allestimento insomma all’insegna dell’irrealismo che paradossalmente opera nello spettatore un turbamento tanto reale. Ma malgrado la ferocia, l’angoscia, il pianto, che penetrano in profondità, squarciando, alla fine i lembi delle ferite vengono ricongiunti in un abbraccio, forse il primo vero per Blanche, salvifico tanto per lei quanto per lo spettatore.
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