L'ANALISI
06 Maggio 2025 - 05:30
Mi collego online per seguire una conferenza sui danni dell’inquinamento elettromagnetico: l’organizzatore saluta i vari partecipanti man mano che si presentano nella stanza virtuale, arriva il mio turno e mi viene chiesto di cosa mi occupo. «Studio il Medioevo», rispondo. «Ah – dice lui –, le cose mistiche». Ed è così che mi vengono restituite le misure di una percezione in cui è importante non tanto il fatto che io non mi ci riconosca, ma piuttosto che essa risuoni come segnale su una realtà ingombrante, pervasiva, eppure come trasparente.
Il presentismo. Ossia: esiste(rebbe) solo il presente, cui attribuire un primato di realtà. Il futuro: un’immaginazione, eventualmente da discutere a prese di posizione polarizzate, su fronti accanitamente contrapposti e con toni sopraelevati. Il passato: la favola bella o brutta, un rifugio estetico, un gioco da tavolo intellettuale; ma anche – e in modo più infido – una manciata di pietre su cui millantare ‘identità’ e ‘fondamenti’. È, quest’ultimo, il tema delle ‘radici’, non a caso ribattuto, come un ferro rugginoso nella bozza delle ‘Nuove Indicazioni 2025 per la Scuola dell’infanzia e Primo ciclo di istruzione’, che ha mosso un intenso dialogo fra i ricercatori di numerose società storiche, approdato in osservazioni disposte nero su bianco, in direzione di una decisa opposizione, in un comunicato ufficiale del 31 marzo scorso.
Vale la pena di riprodurre l’elenco di sottoscrittori e aderenti al documento, in litania alfabeticamente disposta (ma senza commenti): Associazione italiana di Public History, Associazione Italiana Studi Storia Europa Centrale e Orientale, Consulta universitaria per la storia del cristianesimo e delle chiese, Consulta Universitaria per la Storia delle Religioni, Consulta Universitaria per la Storia Greca e Romana, Società italiana delle storiche, Società italiana di didattica della Storia, Società italiana di Storia ambientale, Società italiana di Storia del Lavoro, Società Italiana di Storia delle religioni, Società italiana di Storia internazionale, Società Italiana per la Storia dell’Età Moderna, Società Italiana per la Storia Medievale, Società Italiana per lo Studio della Storia Contemporanea, Società per gli studi di Storia delle istituzioni.
Torniamo al Medioevo, alle ‘cose mistiche’ che permettono di cogliere i passaggi odierni nella loro oscurità, declinata da un elegante oscurantismo. Ricordo di aver scritto qualcosa in questo spazio di pensieri liberi, un anno e mezzo fa, sulla prospettiva della speranza, che non coincide affatto con la semplice attesa. Almeno, non ci tolgano quest’ultima. Nel presente, infatti, il futuro sarebbe bene occupasse il posto di un orizzonte di attesa, non quello di una inesorabile china dominata da complotti e catastrofi – rumore, rumore, così distante dal canto dei piccoli alati al mattino.
Tuttavia non può nemmeno diventare, il futuro, una dimensione perfettamente programmabile e prevedibile, che conduce alla malvagia strettoia della rassegnazione. Dov’è finito il calendario medievale, cadenzato dal rito nelle domeniche del villaggio, nel suono delle campane? Il tempo umanissimo che prende forma nell’essere profughi dall’Eden, per libera e cattiva scelta, perciò teso a una ricomposizione luminosa, per giungere alla quale si passa necessariamente per un ponte stretto e universale?
Ne studiamo forme e tasselli col bisturi dell’indagine scientifica, senza amarne il respiro, tanto che lo storico anatomopatologo fa occhiacci di legno a chi manifesti, nella ricerca, un anelito di empatia. È opaco, oggi, il futuro. Perché, da una parte, è evidente come la ‘storia maestra di vita’ ci abbia abbandonato, poiché può contare solo su pessimi allievi. Dall’altra, perché quella dello storico è una figura quasi fuori ruolo, in una sorta di impossibile equilibrismo tra la dignità dello studioso nella torre d’avorio (in fondo un’illusione) e una borbottante militanza da blog e social network.
A essere disorientati siamo tutti, senza distinzioni: chiediamo lumi sul vero mentre chi a rana e chi a dorso nuotiamo nel mare magnum della disinformazione, che adombra la percezione del passato e del futuro. Così, anziché far riflettere sulle variabili nel tempo, lo storico può finire col presentarsi e agire in veste di opinionista che fornisce risposte. Non si tratta di discutere questioni di principio sorseggiando un liquorino, ma di chiedersi che senso abbia ‘fare storia’ a scuola e lungo i canali di comunicazione.
Studiare la storia dovrebbe, o almeno potrebbe, avvicinarci non solo a uno sguardo plurale, ma anche all’affascinante inoltrarsi nella nebbia (la ricerca, infatti, non procede lungo piste lineari artificialmente illuminate a giorno). È nella nebbia che è possibile intravedere forme e proporre interpretazioni. Ed è nella nebbia che nascono nuove domande. La ricerca storica come antidoto all’opacità del futuro? Vorrei proprio sperarlo. Basterebbe, per cominciare, il richiamo a procedere con passo umano, non sganciato dalla logica di ponderate e plurali riflessioni, dunque lontano dall’incalzare di slogan e sintassi militarizzate. Lontano, ancora, dall’ossessione del prevedere tutto e, di conseguenza, del volerlo normare, sottraendo ossigeno a quella libertà creativa, profonda e semplice competenza dei maestri, di cui si ha molta paura oggi, evo di mezzo tra tempi che sfuggono.
Mediagallery
MOBILITATI PER LA PALESTINA
TRA CASALMAGGIORE E COLORNO. IL VIDEO
Prossimi EventiScopri tutti gli eventi
Tipologia
Data di inizio 6 settembre 2025 - 21:30
Terza edizione del mini festival di fine estate
Tipologia
Data di inizio 7 settembre 2025 - 08:00
Copyright La Provincia di Cremona © 2012 Tutti i diritti riservati
P.Iva 00111740197 - via delle Industrie, 2 - 26100 Cremona
Testata registrata presso il Tribunale di Cremona n. 469 - 23/02/2012
Server Provider: OVH s.r.l. Capo redattore responsabile: Paolo Gualandris