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Seconda Guerra mondiale

13 luglio 1944: bombardato il ponte sul Po. Fu ricostruito dopo quattro anni di lavoro

In un documento delle Ferrovie dello Stato le fasi del cantiere per il ripristino della struttura. Gli interventi costarono 300 milioni

Gigi Romani

Email:

lromani@laprovinciadicremona.it

13 Luglio 2014 - 12:54

13 luglio 1944: bombardato il ponte sul Po. Fu ricostruito dopo quattro anni di lavoro

Il sibilo delle bombe che cadono, secondi interminabili, poi il boato e gli scoppi e quando il fumo si dirada il vecchio ponte sul Po non esiste più, le sue arcate sono sprofondate nell’acqua.

E’ il pomeriggio del 13 luglio del 1944 (secondo alcuni era il 14) gli aerei alleati, dopo aver martellato nei giorni precedenti la città, bombardano il ponte sul Po. La vecchia struttura costruita nel 1892 (era ministro dei Lavori pubblici il soresinese Francesco Genala) cede proprio nel tratto che sormonta il fiume, le parti che poggiano in golena restano pressocché intatte. Subito dopo la guerra i collegamenti con il Piacentino vengono ristabiliti con un ponte provvisorio e un servizio di traghetto. Ma i lavori per il ripristino del ponte iniziano già dal 1945 e una relazione delle ferrovie dello Stato (fornita da Annio Borghi, appassionato di Po e di storia locale) spiegava: «Alla prima visita eseguita il 9 maggio 1945 per il ripristino del ponte, questo si presentava nel modo schematicamente indicato nella fig. 2, e, in poche parole: distrutte le quattro campate lato Cremona, e molto danneggiata, ma riparabile, la quinta stesso lato, campate tutte e cinque in zona di acqua perenne; danni lievi alle campate sesta, ottava, nona, decima e undicesima, qualche maggior danno all’ottava ed intatta la dodicesima. Degli appoggi in muratura veniva distrutta la seconda pila fino al piano di risega, gravemente danneggiata la terza e la quarta, dissestata la spalla lato Cremona; intatti gli altri».

Una disamina dettagliata dei tecnici delle Fs, che inoltre elencano il materiale impiegato: «Per la sostituzione di elementi di travata sono state impiegate circa 500 tonnellate di ferro; le carpenterie metalliche costruite furono circa 1200 tonnellate; il ferro ricuperato fu di circa 1000 tonnellate. Vennero infisse 250 palafitte per circa ml. 2000 di infissione; impiegati circa 1600 metri cubi di legname per ponteggi provvisori: 6000 quintali di cemento; eseguiti 2900 metri di fori per iniezioni, con impiego di circa 600 metri di rotaie per rinforzi alle pile e 200 quintali di ferro tondo per legature. Il consumo di energia elettrica fu di circa 1.500.000 di Kwh.; quello di ossigeno di circa 70.000 metri cubi; quello di carburo di quintali 300 e quello di elettrodi di 70.000 unità. Le ore complessive di lavoro impiegate per il riattamento sono state di circa 1.200.000».

Dati burocratici che però testimoniano il grande sforzo, anche perché in alcune parti della relazione i tecnici spiegano le difficoltà incontrate per reperire alcuni tipi di materiali.

La parte nuova era lunga quasi 500 metri ed era stata divisa in sei arcate. Era stato utilizzato un acciaio speciale che rendeva la struttura molto più leggera. Le precedenti arcate infatti pesavano poco più di 400 tonnellate, quelle ricostruite degli anni ‘40 arrivavano appena alle 280. Inoltre erano state utilizzate moderne tecniche per le «iniezioni e forte pressione di cemento operate nei piloni».

Le opere erano costate ben 300 milioni di lire, una cifra per l’epoca ingente, ma che si inseriva perfettamente nel grande clima (spesso entusiastico) della ricostruzione.

E in effetti il documento delle Ferrovie dello Stato chiudeva con una frase che di burocratico non aveva nulla e richiamava al grande sforzo che il Paese stava facendo: «Le maestranze, comprese delle necessità di concordia, per l’opera di ricostruzione del Paese, hanno dato contributo di slancio e di passione per l’attuazione dell’opera».

Fulvio Stumpo


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