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IL COMMENTO AL VANGELO

Giustizia che plasma un'intera vita, ogni Natale ha bisogno del suo Giuseppe

Un uomo che non ha più nulla da rivendicare per sé, se non la libertà di amare e servire, perché ha riconosciuto la preziosità di quanto attraversa la sua esistenza: una giovane donna e il suo bambino

Don Paolo Arienti

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21 Dicembre 2025 - 05:10

Giustizia che plasma un'intera vita, ogni Natale ha bisogno del suo Giuseppe

Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. Però, mentre stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele», che significa “Dio con noi”. Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.
Mt 1,18-24

Non sempre siamo capaci di cogliere i segni che ci circondano. Segni che provengono dal nostro cuore, alla vita degli altri… segni che assumono la veste difficile e dura della provocazione, oppure segni che sono schiacciati dalla facilità dell’egoismo e ci risultano del tutto fragili, deboli.

Nel vangelo odierno, che chiude la sequenza festiva dell’Avvento, Giuseppe sogna. Il suo non è un sogno violento né un incubo: è piuttosto descritto come una rivelazione che conforta, benché induca a prendere decisioni durissime. A lui la voce dell’angelo (un messaggero che fin da bambini, complice la bellezza dell’arte, ci immaginiamo con grandi ali, magari biondo e con gli occhi azzurri…) comanda di non avere paura e di prendere in casa, ovvero sotto la sua tutela, la sua promessa sposa, nel frattempo rimasta incinta in condizioni a dir poco misteriose.

Giuseppe decodifica un segno. È capace di prendere sul serio una parola pesante che detta condizioni serie. Non scappa, non sceglie la via più facile. Lo stesso Matteo, proprio mentre introduce il sogno di Giuseppe, ci consente di avere in mano una chiave importante: Giuseppe è già un uomo giusto, non ha bisogno di miracoli che lo rendano tale.

LA VITA DENTRO E FUORI IL SOGNO

Immaginiamo la sua vita, simile a tante esistenze che non si permettono di sprecare, insultare o distruggere; vite che al contrario sono dedite al bene, alla costruzione della fecondità e alla legge di amore che quest’ultima impone.

Insomma: Giuseppe è uno dei tanti papà, nonni, fratelli e figli allenati dalla vita a prendere sul serio quel che succede, fosse anche spiacevole, perché per lui e per loro prima vengono le persone, prima vengono la giustizia e il valore della vita.

Giuseppe, dunque, coglie un segno. Decodifica il dramma che Maria, la promessa sposa, sta vivendo e decide di non esporla pubblicamente. Per lei lui vince il senso di fallimento e frustrazione; per lei ingaggia una vita che lo porterà a considerare come suo – a servire come padre – chi suo non potrà mai essere.

Così la sua giustizia plasma un’intera vita, nella quotidianità del servizio. Così un segno apparentemente fuori controllo diviene la conferma di una vocazione. Non sappiamo esattamente che cosa Matteo, e con lui gli antichi, intendesse con sogno. La nostra cultura si reputa più razionale e non di rado anche la filosofia pretende di essere la sola custode del razionale. Eppure, decenni fa, un certo Freud ha ridato voce a quella miniera che dentro di noi a volte emerge con i suoi messaggi e le sue provocazioni, sbucando dal profondo dell’inconscio, a volte in forme distorte, apocalittiche, grottesche, ma per certi versi vere.

LUI HA SCELTO BENE

Qualunque cosa sia successa nella vita intima di Giuseppe, quell’uomo ha scelto: ha deciso di non far prevalere in sé la rivendicazione né di anteporre il proprio desiderio alla realtà dei fatti, in cui altri hanno imposto delicatamente, ma veramente la loro presenza, la loro fragilità, il loro grido di aiuto. Anche in termini molto laici, di sogni come quello di Giuseppe e di scelte paradossali come le sue oggi c’è molto bisogno. C’è bisogno che la realtà, quella profonda, quella che rischia di emarginare la dignità dei piccoli e far trionfare solo il prepotente, torni a dettare la regola del comportamento, torni ad interpellare e svegliare la coscienza, torni a generare vita.

Giuseppe non ha più nulla da rivendicare per sé, se non la libertà di amare e servire, perché ha riconosciuto la preziosità di quanto attraversa la sua esistenza: una giovane donna e il suo bambino, e il rischio che tutto sia schiacciato dalle pietre appuntite con cui ieri (e forse anche oggi) si pretendeva di punire l’immoralità, placando lo scandalo. Giuseppe, molto più che Maria, nei Vangeli sparisce quasi subito. A lui sono dedicate solo alcune fugaci pennellate. Lo si potrebbe confondere con una comparsа teatrale, senza volto e senza nome, lì solo perché la macchina scenica funzioni.

In realtà Giuseppe — e con lui tutti i Giuseppe della storia — è centrale, strategico, essenziale: perché certe cose funzionano, certa vita procede solo se qualcuno si fa carico di starci dentro e servirla. Sacrificio? Scelta oggi impensabile, mentre giustamente trionfa l’«età dei diritti»? Forse. Ma il sacrificio non è solo distruzione. È anche compimento. È anche salvezza. Il Natale, ogni Natale umano, ha bisogno di un Giuseppe.

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