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SORESINA. LA DANZA

Ciclone Kataklò: «Quell’Aliena sono io»

Il gruppo apre la stagione SiFaSera al Sociale e festeggia il trentesimo compleanno

Nicola Arrigoni

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narrigoni@laprovinciacr.it

20 Ottobre 2025 - 14:02

Ciclone Kataklò: «Quell’Aliena sono io»

Nel riquadro Giulia Staccioli

SORESINA - Trent’anni di Kataklò significano trent’anni di ricerca sul corpo, di movimento oltre la forma, di poesia atletica. Giulia Staccioli, fondatrice e anima della compagnia, celebra questa ricorrenza con Aliena, il nuovo spettacolo che sabato alle 21 inaugura al Sociale la stagione SiFaSera diretta da Bruno Tiberi.

«Kataklò in trent’anni è cambiato molto — racconta Staccioli —, si è evoluto, trasformato, ma ha mantenuto la sua identità: quella voglia di sperimentare che nasce dal corpo come materia viva, in continua evoluzione. Non ho mai lavorato partendo da passi predefiniti, ma da una ricerca libera, che si nutre di scoperta».

Se agli esordi il legame con la ginnastica ritmica e l’atletica era evidente, oggi Kataklò è una compagnia di danza fisica e teatrale a tutto tondo. «Dell’aspetto sportivo è rimasto il gesto atletico, ma la danza è cambiata - dice -. Oggi i danzatori non hanno più paura di uscire dalle regole, c’è contaminazione tra generi. Un tempo bastava appoggiare le mani a terra per scandalizzare, ora la fisicità è parte integrante del linguaggio coreografico».

In questi decenni Staccioli ha visto mutare anche i corpi e le generazioni dei suoi interpreti: «All’inizio eravamo tutti ex ginnasti, amici che provenivano dal mio percorso agonistico. Ora i danzatori arrivano anche dalla formazione classica, ma con una forza fisica e una consapevolezza nuove. È un’evoluzione che ho seguito anche con la mia accademia, da quindici anni luogo d’incontro tra chi proviene dallo sport e chi dalla danza».

Ma Aliena non è solo un punto d’arrivo: è anche un autoritratto intimo. «È la mia accettazione di essere “aliena”, fuori dagli schemi. Per anni ho sentito il peso del giudizio, la paura di non appartenere. A sessant’anni ho deciso di rivendicare questa diversità come una ricchezza. In fondo, lo sono sempre stata: quando facevo ginnastica ero un’anomalia per età e formazione, poi ho studiato danza negli Stati Uniti e sono tornata in Italia con un altro sguardo sul corpo e sul teatro».

Nel suo linguaggio, Staccioli unisce gesto e visione, fisicità e immagine. «Mi piace definire il mio lavoro visual art in motion, come diceva Alwin Nikolais. L’interesse nasce dalla forma che si trasforma: i danzatori diventano altro da sé, incarnano immagini che porto dentro e che prendono vita attraverso il loro movimento».

Da Indiscipline — il primo spettacolo del 1995, nato per liberare il gesto sportivo dal contesto agonistico — a Aliena, la traiettoria di Kataklò è stata un costante dialogo tra corpo e libertà. «Ho sempre cercato di creare un ponte tra danza e sport, due mondi che usano lo stesso strumento ma spesso si guardano con diffidenza. Il pregiudizio nasce dalla paura della diversità, e io ho cercato di combatterlo con la bellezza del gesto, con l’ibrido».

Trent’anni dopo, Giulia Staccioli continua a reinventarsi. Aliena è una dichiarazione di indipendenza artistica e personale, ma anche un omaggio al corpo, quella materia viva che da sempre la guida. «Essere aliena per me significa questo: non adattarsi, ma continuare a cercare. E dopo trent’anni, ho ancora tanta voglia di farlo».

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