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AL PONCHIELLI

La stagione lirica: «Bellini poeta dei sentimenti»

Intervista a De Rosa, regista de ‘I Capuleti e i Montecchi’: «È determinante saper ascoltare la musica»

Nicola Arrigoni

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narrigoni@laprovinciacr.it

26 Gennaio 2025 - 11:16

La stagione lirica: «Bellini poeta dei sentimenti»

Andrea De Rosa, Teresa Torre e Annalisa Stroppa

CREMONA - «La distanza fra prosa e lirica è un peccato veniale del teatro italiano. All’estero non è così e entrambi i generi ci guadagnano. I criteri ministeriali non ci permettono di intrecciare musicisti e attori. Tutto ha origine, mi diceva il musicologo Carlo Majer, dalla riforma del ventennio fascista che divise i dipartimenti del teatro e quello dell’opera lirica e della musica. Da lì non ci si è più spostati».

Andrea De Rosa, regista che si divide fra prosa e lirica senza troppi problemi, coglie l’occasione de I Capuleti e i Montecchi di Vincenzo Bellini, in scena venerdì (ore 20) e domenica prossima (ore 15,30) al Ponchielli in chiusura del cartellone della lirica, per ribadire una distanza che non ha senso esista.

Questo lo dice firmando la regia dell’opera di Vincenzo Bellini il cui libretto di Felice Romani riprende Romeo e Giulietta di Shakespeare.
«Si tratta di un legame e di un intreccio di racconti e linguaggi che bisognerebbe incoraggiare e invece rischiano di essere degli unicum. Penso a quanto ha fatto Davide Livermore con Giro di vite, ma anche al Macbeth che proprio a Cremona realizzai per il circuito OperaLombardia più di una decina di anni fa affiancando l’opera di Giuseppe Verdi col testo di William Shakespeare che aveva come protagonista Giuseppe Battiston».

Con I Capuleti e i Montecchi è ancora l’opera di Shakespeare a interrogarla?
«Il libretto sintetizza la trama, toglie i personaggi più o meno secondari da Mercuzio e Frate Lorenzo. L’attenzione di concentra su Romeo e Giulietta, innamorati, due adolescenti che sfidano la rivalità delle loro famiglie».

Una storia che lei ha portato ai giorni nostri...
«Non perché ami attualizzare a tutti i costi, ma farlo risulta meno dispendioso e più diretto. Immaginare un allestimento in costumi storici non solo fa aumentare i costi, ma richiede che quei costumi per non essere posticci si accompagnino a un lavoro lungo di consapevolezza con gli attori e con i cantanti. Lo feci qualche anno fa con la Maria Stuarda di Donizetti realizzata in parallelo con l’allestimento di prosa sul testo di Schiller. Per ritornare al binomio lirica e prosa».

Nell’opera di Bellini a interpretare il ruolo di Romeo è il soprano Annalisa Stroppa che ha lasciato in abiti femminili.
«La partitura di Bellini richiede una voce da soprano. Mi sono chiesto che cosa potrebbe mettere in crisi due famiglie messe al cospetto dell’amore delle rispettive figlie? Forse la questione di genere può essere oggi un motivo di rottura e dirompente. Basti pensare alla notizia di qualche giorno fa di quel padre che ha picchiato il figlio quattordicenne perché non accettava la sua sessualità. Per questo ho lasciato che il Romeo di Stroppa mantenesse gli abiti femminili, raccontando l’amore travolgente fra due ragazze».

Una scelta in piena sintonia con il dibattito in corso su fluidità e affini?
«Non ho voluto fare alcuna forzatura, la voce di soprano di Romeo racconta di un’età adolescenziale in cui la maturità del corpo e, appunto, della voce deve essere ancora raggiunta. Ma in fondo basta guardare gli adolescenti di oggi, creature meravigliose e ambigue, alla ricerca di una loro identità che si deve ancora formare».

E questo accade nella partitura di Bellini?
«Nell’opera lirica non c’è l’horror vacui che prende il regista davanti a un testo di prosa. Nell’opera c’è la musica che sorregge tutto, anche il regista in cerca di un’idea su come leggere e far vivere la messinscena dell’opera».

La musica prima di tutto?
«La musica è l’aspetto più importante del teatro d’opera, ma questo non deve essere uno strumento per rifiutare il teatro di regia. È sulla musica che deve costruirsi il pensiero registico. Per questo, credo, non sia tanto importante, anche se aiuta, saper leggere la musica, ma è determinante sapere ascoltare la musica. Solo così si può entrare nel cuore dell’opera che si sta mettendo in scena».

Come è entrato nel cuore de I Capuleti e i Montecchi?
«Ponendo attenzione allo specifico della partitura di Bellini che racconta pochissimo, che non narra ma si concentra sulle relazioni, sui sentimenti. Basta pensare al duetto che dura quindici minuti di Romeo e Giulietta, quando lui s’intrufola nella stanza di Giulietta e le dice di fuggire con lui. Lei è titubante e Romeo si arrabbia, con quell’intensità propria degli adolescenti innamorati. Ecco Bellini è grande proprio in questo: nel dipingere musicalmente i sentimenti e le emozioni dei personaggi. Di questo ho tenuto conto e questo ho cercato di far agire in scena ai cantanti».

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