L'ANALISI
04 Novembre 2024 - 13:34
CREMONA - "Quincy! Me lo ritrovai ad ascoltare il brano che stavamo suonando, seduto proprio di fronte a me. Alla fine di ogni brano, Quincy mi lanciava un sorriso dolce e paterno, e mi chiesi più volte se non stessi sognando".
Il musicista e produttore cremonese Simone Bertolotti ricorda così quella sessione di prove tenutasi prima della notte del 13 luglio 2018, il giorno in cui Bertolotti suonò sul palco dell'Umbria Jazz Festival insieme al leggendario Quincy Jones, scomparso ieri all'età di 91 anni. Un privilegio che davvero in pochi, oggi, possono vantare.
Trombettista jazz, polistrumentista, compositore, arrangiatore, produttore, direttore musicale, autore di colonne sonore per cinema, teatro e televisione, produttore del disco più venduto della storia, Thriller di Michael Jackson.
Con 79 nomination e 28 vittorie ai Grammy, Jones è stata una delle figure più influenti della musica del Novecento.
"In questa mattina così triste - racconta Bertolotti -, non posso fare a meno di rituffarmi in quel sogno vissuto sei anni fa. Ripenso a quel marzo: chiuso nel mio studio, in un momento di reale sconforto, ricevetti una telefonata da quello che oggi è un mio carissimo amico, Nanni Zedda. Mi disse che a luglio ci sarebbe stato un grosso evento in Italia per celebrare l'ottantacinquesimo compleanno di Quincy Jones, e che lui sarebbe stato il regista. Mi domandò di sostituire il tastierista della Quincy Jones Big Band (all’epoca, Greg Phillinganes) per la data all’Umbria Jazz Festival. Sul momento, pensai che Nanni, che non conoscevo così bene, fosse uscito di testa e, con molta superficialità e incoscienza, gli risposi di sì".
La ricostruzione di Bertolotti torna al momento in cui ricevette una mail da parte della produzione di Jones: "Al suo interno trovai un link per scaricare una parte del repertorio. Ricordo quel momento come se fosse ieri. Ero a casa, in cucina. Senza dire nulla, cliccai e dopo pochi secondi la cartella 'Q85 score part 1' apparve nella pagina dei download. Bastò la prima pagina a farmi perdere i sensi. Ero pervaso da un mix di gioia e terrore: quelle parti erano assolutamente complicatissime! Solo per memorizzare gli ostinati delle prime due pagine ci avrei messo un mese intero, e ne avevo 500 da imparare in meno di tre settimane: 3 ore e 30 di repertorio. Quella notte la passai completamente in bianco". Dallo studio alla sala prove, in compagnia di musicisti come Nathan East, Harvey Mason e John Clayton, fino all'arrivo di Jones: "Mi ritrovai seduto in mezzo a quattro amici che si raccontavano aneddoti che spaziavano da Frank Sinatra a Michael Jackson, da Ray Charles a Count Basie. Quando arrivò il grande giorno, non avrei mai voluto che finisse. L’emozione che ho provato quella sera è qualcosa che non dimenticherò mai. La serata si concluse con Quincy sul podio a dirigere l’orchestra in 'Let the Good Times Roll'. I suoi sguardi sorridenti sono stati, ad oggi, la miglior ricompensa per il lavoro di una vita intera, fatto di studio, fatica, concerti e album".
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