L'ANALISI
09 Marzo 2025 - 05:05
In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo”». Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”». Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano”; e anche: “Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «È stato detto: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».
Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato.
(Lc 4,1-13)
Il brano delle tentazioni di Gesù nel deserto apre tradizionalmente il cammino quaresimale festivo. Nella liturgia romana il Mercoledì delle Ceneri funge da avvertimento rituale, attorno al gesto dell’imposizione che evoca al tempo stesso la precarietà della vita e la speranza di un’alleanza che salvi, che ridoni consistenza.
Luca colloca Gesù in un ambiente che per la Bibbia evoca contemporaneamente l’inospitalità e il silenzio, il pericolo per la sopravvivenza e l’essenzialità che apre al cielo. Conosciamo a memoria le tre tentazioni, immortalate in modo così icastico da Duccio di Buoninsegna per la Maestà del duomo di Siena (oggi a New York): una sorta di catalogo riassuntivo delle forme nelle quali il male si manifesta all’umano, nella forma ipnotica del bene pervertito, schiacciato sulla sola risonanza dell’io.
Quello che Satana suggerisce a Gesù, addirittura in forza della sua identità di Figlio, di amato e prediletto, è l’adesione ad una libertà sconsiderata e ad una esaltazione senza quartiere del potere. Ogni essere umano ha a che fare proprio con l’esperienza del potere, in tutte le sue forme, da quelle vitali a quelle sociali, economiche e politiche (addirittura in grammatica potere è verbo “servile”, ovvero “appoggia” un verbo che viene immediatamente dopo). Satana – il divisore, colui che sa contrapporre anche con l’uso della ragione direbbe Dante - conosce le potenzialità umane, il nostro essere sbilanciati verso ciò che non possediamo, verso ciò che possiamo fare nostro… e il fascino del mettere le mani su ciò che rassicura e tutela. Di qui la triplice tentazione: placare la fame, anche fisica, che trasforma le cose in oggetti da ingurgitare; ottenere il potere umano, abbandonandosi al gesto gravissimo dell’idolatria; sfidare Dio stesso in un gioco magico, ricattatorio. Satana descrive le tre direttrici del narcisismo umano e disegna l’area di azione del male che si presenta nella veste allettante del bene-per-me, tutelante e confermante. Ed è proprio vero che in questa trilogia dell’esposizione alla vita tutti ci possiamo riconoscere e specchiare: credenti e non credenti, agnostici o antagonisti. Perché è l’umano ad essere come fotografato, evocato e messo a nudo.
Come risponde Gesù? Certamente non da solo: Luca sembra dirci che in quel deserto non si è combattuta solo una sfida all’ultima resistenza morale, un corpo a corpo eroicamente orizzontale. Gesù non è Prometeo. Il piano che Luca dispiega al lettore è essenzialmente teologico ed attinge alla Parola di Dio più che alla virtù della coscienza, forte della fedeltà di Dio. Come a dire: la solitudine non può vincere, non possiede nulla di eroico, nulla di assoluto. Solo la relazione con Dio offre la chance per vivere sino in fondo il bene. Per quale ragione non utilizzare il potere che il figlio ha? Per quale ragione non allearsi per un potere ancora più grande? Lo fanno regolarmente da secoli i grandi detta terra, ed ancora oggi è il mantra che ascoltiamo sconcertati davanti allo scenario internazionale. Perché dunque non sfruttare uno statuto di privilegiati? La risposta sta nella fedeltà di Dio che rimanda ad un amore più grande, ad un cuore che non strappa solo per sé. L’icona del Cristo tentato, nel suo triplice movimento di lotta e di botta e risposta, diviene come un modello per la comunità cristiana che intraprende il cammino particolare della Quaresima. Le tentazioni del capo sono le stesse del corpo. L’antidoto che Luca mette in bocca a Gesù è lo stesso che lo Spirito suggerisce a noi. La Quaresima inizia pertanto sì con gesti di virtù “eroica”, richiama sì alla coerenza della purificazione, ma richiede innanzitutto un esercizio di fede nella Parola di Dio: la ragione sufficiente e grande perché i cristiani chiamino bene il bene e male il male, anche quando i canoni con cui quest’ultimo si manifesta sono infidi, imbrogliano e abbagliano. Lo Spirito che ha spinto Gesù nel deserto, è la stessa forza che spinge la Chiesa ad intraprendere il cammino sacramentale della purificazione (i quaranta giorni) e al tempo stesso è promessa della fedeltà di Dio per tutti. Anche per chi non crede in forma esplicita, ma riconosce il pericolo di un potere pervertito.
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