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TRIBUNALE DI MILANO

Disastro di Pioltello: «Nessuna prova di carenze nel sistema di sicurezza»

Rese note le motivazioni della sentenza di assoluzione di otto imputati tra vertici e dirigenti di Rete ferroviaria italiana

La Provincia Redazione

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25 Agosto 2025 - 18:48

Disastro di Pioltello: il pm  chiede oltre 8 anni per l'ex Ad di Rfi

MILANO - Il processo, durato oltre tre anni, non ha «consentito di accertare, al di là di ogni dubbio ragionevole, le ipotizzate carenze nel sistema di gestione della sicurezza ferroviaria imputate» all’amministratore delegato «alla luce del suo ruolo e delle sue prerogative all’interno di Rfi».

Lo ha messo nero su bianco il Tribunale di Milano nelle motivazioni della sentenza sul disastro ferroviario di Pioltello del 25 gennaio 2018, che causò oltre 100 feriti e tre morti, Alessandra Giuseppina Pirri, originaria di Cernusco sul Naviglio e residente a Capralba, Ida Maddalena Milanesi, milanese e Pierangela Tadini, nata a Caravaggio, ma domiciliata a Vanzago. Un altro centinaio di persone subirono traumi psicologici.

Un verdetto con cui, il 25 febbraio, sono stati assolti otto imputati tra vertici e dirigenti di Rete ferroviaria italiana, tra cui l’ex ad Maurizio Gentile e la società, mentre è stato condannato solo l’ex responsabile dell’Unità manutentiva. Nelle quasi 340 pagine di motivazioni i giudici della quinta sezione penale, dando conto della «incontestata ricostruzione della dinamica» dell’incidente, «riconducibile esclusivamente alla rottura» del giunto «ammalorato» nel cosiddetto «punto zero», spiegano che la «difettosità» di quel giunto «era stata tempestivamente rilevata dagli operatori della manutenzione».

E questo «aspetto, a ben vedere — si legge — comporta già l’irrilevanza di tutte le contestazioni addebitate a Gentile» in relazione alla «politica di gestione della sicurezza». I vertici e i dirigenti di Rfi sono stati assolti per «non aver commesso il fatto» dalle accuse di disastro ferroviario colposo e omicidio e lesioni colpose. La «colposa sottovalutazione del rischio, a lui noto, di rottura del giunto» è stata addebitata dai giudici soltanto a Marco Albanesi, ex capo dell’Unità manutentiva, condannato a 5 anni e 3 mesi.

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